PAOLA PAGNANELLI
Cronaca

L’ultima sparata di Cerolini: "Soldi al procuratore Giorgio". Ma i fatti smentiscono le parole

Le accuse dell’imprenditore civitanovese durante l’ultima udienza del processo. Narbone: "Uscita avventata, che potrà avere conseguenze su chi ha voluto attuarla".

L’ultima sparata di Cerolini: "Soldi al procuratore Giorgio". Ma i fatti smentiscono le parole
L’ultima sparata di Cerolini: "Soldi al procuratore Giorgio". Ma i fatti smentiscono le parole

di Paola Pagnanelli

Stole di pelliccia in dono ai finanzieri che indagavano su di lui, accuse al curatore fallimentare di aver malgestito le sue redditizie attività, e infine illazioni sull’ex procuratore capo Giovanni Giorgio, che avrebbe preso soldi da lui tramite un avvocato barese. Per circa un’ora, lunedì, l’imprenditore civitanovese Giuseppe Cerolini ha sparato ad alzo zero su chi ha indagato su di lui in questi anni. "Dicendo però cose contraddette dai fatti – ha commentato il procuratore Giovanni Narbone –, visto che su di lui sono state aperte inchieste e disposte misure cautelari e reali". Lunedì in tribunale si è tenuta l’ultima udienza del maxi processo all’ex patron della Civitanovese: l’accusa per lui, che all’epoca gestiva numerose e disparate attività in Italia e in Romania, era di aver evaso oltre 21 milioni di euro usando società esistenti solo sulla carta.

Prima che iniziasse il processo, e prima che arrivasse il suo difensore, l’avvocato Andrea Natalini, Cerolini ha voluto depositare una memoria, dicendo che non era stata scritta da lui ma firmandola e dunque intestandosela, e poi ha rilasciato una serie di dichiarazioni spontanee. Ha dato la sua versione sulle vicende di cui era accusato, e poi ha iniziato con le sue accuse. Ha sostenuto che alcune sue amiche gli avrebbero detto che i finanzieri pretendevano soldi di continuo, e che una alla fine aveva dato a un militare una stola di pelliccia di volpe. Ha tirato in ballo il curatore fallimentare, il commercialista Alessandro Benigni, dicendo che aveva affossato il suo impero economico, svendendo attività che andavano benissimo. E poi ha tirato in ballo l’ex procuratore Giovanni Giorgio. Ha sostenuto di essere entrato in contatto con un pugliese, per un recupero crediti non esattamente ortodosso. Tramite questo, avrebbe conosciuto un avvocato barese, che gli avrebbe chiesto 150mila euro "per sistemare i problemi con il tribunale di Macerata". Questa somma sarebbe andata in parte all’avvocato, in parte al procuratore Giorgio. Un’accusa pesantissima, mossa in aula davanti ai giudici del collegio, al sostituto procuratore Enrico Riccioni e a numerosi avvocati. "Leggeremo i verbali delle dichiarazioni e la memoria depositata – ha commentato il procuratore Narbone –, ma non saremo noi l’organo deputato a valutarle. Ma il dato fondamentale è che l’ufficio ha fatto tutto quello che doveva, in questo caso come in tutti gli altri. Sono state svolte le indagini, sono state chieste e ottenute misure cautelari, l’accusa è stata sostenuta in ogni grado fino all’ultima udienza, per tutto l’impianto accusatorio. Gettare un’ombra simile sulla vicenda mi sembra un’operazione avventata, che potrà avere conseguenze su chi ha voluto attuarla".

"Per quanto riguarda i finanzieri – ha precisato il sostituto procuratore Riccioni, che fin dall’inizio ha seguito le inchieste su Cerolini –, le cose dichiarate in aula non sono corrette. Era stata una sua collaboratrice a offrire a un militare una stola, dicendo che lei le avrebbe buttate e non avevano alcun valore. Sono state presentate anche delle denunce su questo, tutte archiviate perché infondate; e per scrupolo furono fatte anche le perquisizioni. Le misure cautelari per Cerolini furono vistate dal procuratore Giorgio". Nel 2016 scattarono arresti e sequestri, confermati poi anche in Cassazione; Cerolini fu messo in ginocchio dalle inchieste.