"Ciao pupa, il fiore più bello sei tu e rimarrai sempre tu". Così gli amici e i compagni di classe hanno salutato ieri mattina Camilla Di Pietro, morta sabato mattina a soli 18 anni per un male contro il quale aveva lottato tenacemente, e sempre con il sorriso, per cinque anni. Diverse centinaia di persone hanno affollato la chiesa di San Giovanni a Macerata e moltissime sono anche quelle che non riuscendo ad entrare hanno seguito il funerale dal sagrato, addobbato con decine di palloncini bianchi preparati dagli amici della ragazza. All’interno della chiesa decine di mazzi di fiori hanno circondato la bara in legno chiaro, su cui spiccava una foto di Camilla, bella e serena, come tutti oggi vogliono ricordarla.
"È sempre doloroso dire addio alle persone care, ma diventa insopportabile, incomprensibile quando chi muore ha appena iniziato il cammino della vita – ha detto monsignor Enzo Buschi durante l’omelia –. Abbiamo tutti nel cuore tante emozioni, sentimenti, se dovessimo dare sfogo scriveremmo solo disappunto, amarezza e pensieri confusi. Diamo spazio, invece, alla preghiera e alla parola di Dio che ci illumina in questo momento di dolore". Presenti alla funzione anche il sindaco Sandro Parcaroli con la fascia tricolore, il vicesindaco Francesca D’Alessandro e diversi componenti della giunta, ma anche funzionari del Comune dove Stefano Di Pietro, papà di Camilla, ha lavorato negli anni in cui è stato assessore, ai tempi della giunta di Giorgio Meschini. Tanti i volti del Partito democratico (di cui Di Pietro è stato segretario comunale), a partire della deputata Irene Manzi e dal segretario provinciale Angelo Sciapichetti. Presenti anche diversi consiglieri comunali, tanti amici della famiglia, ma soprattutto tanti ragazzi e professori del liceo classico "Giacomo Leopardi" che la 18enne frequentava e che hanno voluto stringersi alla dolore della mamma Giorgia, della sorella Agata e del fratello Tommaso.
"Ciao pupa, eccoci qua ancora una volta e come sempre, direi, sei tu a darmi coraggio ed è per questo che ogni volta che ci vedevamo ti chiamavo luce della mia vita – ha ricordato un compagno –. Non ti nascondo che mi hai sempre stimolato, con la tua resilienza, con la tua forza. Ogni volta che entravi in classe ti arrabbiavi, perché mi vedevi triste per cose stupide e mi dicevi ‘Ehi pupo, fai come me, fregatene e divertiti’. So che anche adesso se fossi stata qui avresti voluto che fossi felice di te, così per farmi perdonare ho mantenuto la promessa e ti ho portato un tulipano, anche se il fiore più bello sei e rimarrai sempre tu". "Ehi pupa come va? – ha detto un’altra compagna –. È difficile scriverti, è difficile esprimere quello che si prova, le parole tante volte non bastano per mettere nero su bianco le emozioni. Probabilmente avresti sdrammatizzato anche un momento come questo e oggi siamo qui per dirti che, oltre alla forza, ci rimarrà nel cuore la tua freschezza e la vivacità di chi vive la vita come una sfida quotidiana".
E c’è anche chi, per salutare Camilla, ha preso in prestito le parole di una canzone di Jovanotti: "E poi ti abbiamo visto, con la forza di un aeroplano, prendere in mano la tua vita e trascinarla in salvo. A te che ci hai insegnato i sogni e l’arte dell’avventura. A te che credi nel coraggio e anche nella paura. A te Cami". Un lungo applauso ha accompagnato l’uscita del feretro dalla chiesa, con il saluto della polizia locale.