"Manca la prevenzione, tante aree a rischio"

Il presidente dei geologi Farabollini: da Villa Potenza a Castelraimondo, diversi abitati costruiti sulle piane alluvionali dei fiumi

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di Lucia Gentili

"Bisogna prendere coscienza che non siamo di fronte a eventi occasionali. Ma a fatti che si ripetono. È necessario fare prevenzione in tempi di "pace", ordinaria manutenzione. Il maltempo non deve più coglierci impreparati: alcuni interventi sono improcrastinabili". Piero Farabollini, presidente dell’Ordine dei geologi delle Marche (ed ex commissario straordinario alla ricostruzione), fa il punto anche sul Maceratese.

Presidente, quali sono le zone a rischio?

"Tante aree sono state costruite sulle piane alluvionali dei fiumi, come Villa Potenza, Passo di Treia, Castelraimondo, San Severino, Civitanova, Piediripa, Abbadia di Fiastra, Sforzacosta (dove nel 2014 un’alluvione aveva danneggiato parte del ponte in direzione Colbuccaro). Le conseguenze delle ondate di maltempo registrate in passato devono rappresentare un campanello d’allarme da tenere in considerazione. Quello che è successo nelle altri parti della provincia potrebbe succedere anche a noi. Esiste un Piano di assetto idrogeologico (Pai) che fotografa le situazioni di rischio, ma non basta una sua lettura passiva: bisogna agire con lavori di adeguamento, soprattutto alla luce dei cambiamenti climatici. È necessaria la prevenzione per evitare di intervenire sempre in urgenza e con costi notevolmente più alti in quanto alle opere di messa in sicurezza si devono aggiungere tutti i danni".

Quali interventi andrebbero fatti?

"Ordinaria manutenzione sui corsi d’acqua, pulizia degli argini e dell’alveo. Togliere il materiale in eccesso, anche legnoso, per fare in modo che i ciottoli defluiscano. La larghezza dei fiumi deve essere adeguata ai picchi di piovosità. Ad occuparsi di questi ambiti sono Regione (che può demandare anche al consorzio di bonifica), Provincia, Genio civile".

Perché non si fa prevenzione?

"Per un insieme di fattori, tra cui lungaggini burocratiche (occorre tanto tempo per far approvare un progetto), mancanza di fondi (utilizzati per le urgenze) e di personale adeguatamente formato. Bisognerebbe investire, invece, nella preparazione sia dei tecnici che dei cittadini. La cittadinanza deve poter comprendere quali sono i rischi. Ad esempio, rispetto al passato, sono venute meno le buone pratiche agricole, pure per l’abbandono dei terreni adatti alle colture nelle zone montane e pedemontane (anche per lo spopolamento delle aree interne). Sono diminuite le opere di regimazione e canalizzazione sui campi. Tutti, istituzioni e privati, possono contribuire alla manutenzione del territorio".