Massacro di Pamela, a gennaio in Cassazione l’ultimo atto del processo a Oseghale

La difesa punta a far pesare un vizio procedurale per una mancata notifica

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Fissato al 14 gennaio l’ultimo atto del processo a Innocent Oseghale, accusato di aver violentato, ucciso e fatto a pezzi la 18enne romana Pamela Mastropietro. Il nigeriano, uscito da un programma di accoglienza, era rimasto a vivere da clandestino in città, spacciando e chiedendo aiuti vari anche alle chiese. La mattina del 29 gennaio, ai giardini Diaz incontro Pamela, scappata il giorno prima dalla Pars di Corridonia, dove era entrata con la diagnosi di disturbo bipolare e tossicodipendenza. La ragazza gli chiede una dose di eroina, poi finisce per seguirlo nella sua mansarda di via Spalato, in attesa del treno per tornare a Roma. Ma in quella mansarda la ragazza viene violentata, poi uccisa da una coltellata al fianco, e poi fatta a pezzi e lavata con la candeggina, prima di essere messa in due trolley e abbandonata lungo una strada di campagna a Pollenza. Oseghale (nella foto) fu arrestato dai carabinieri del Reparto operativo poche ore dopo il ritrovamento del corpo. In primo grado e in appello è stato condannato all’ergastolo. Ma ora in Cassazione gli avvocati Simone Matraxia e Umberto Gramenzi puntano a far pesare un vizio procedurale: la mancata notifica in carcere al nigeriano delle consulenze medico legale e tossicologica. In assise a Macerata e poi in appello, le consulenze sono state ritenute valide e usate per dimostrare che la ragazza non morì di overdose – come invece afferma l’imputato –, ma a causa di una coltellata quando già era passato l’effetto dell’eroina. Ora bisognerà attendere come questo aspetto formale sarà valutato dalla Cassazione. In giudizio ci saranno, come sempre, anche i genitori di Pamela, Stefano e Alessandra Verni, assistiti dall’avvocato Marco Verni.