
Matteo Paggi, classe 1997, ha vinto prestigiosi riconoscimenti
È uscito "Giraffe", il nuovo album del trombonista Matteo Paggi, classe 1997, originario di Fiuminata. Diplomato con lode come trombonista orchestrale, perfezionatosi tra Italia, Stati Uniti e Olanda, ha vinto riconoscimenti prestigiosi come il premio internazionale Inner Wheel nel 2011, a soli 14 anni, e il recente Top Jazz 2024 in ben tre categorie: come Nuovo Talento e come componente dei The Fearless Five di Enrico Rava, sia nella categoria Miglior Album che Miglior Formazione. Ha collaborato e collabora con artisti di fama internazionale, calcando palcoscenici importanti. Oggi è impegnato in vari progetti, dal quintetto di Rava al trio italo-estone-tedesco Morgenbarn, al duo di sperimentazione elettronica Diasilla. Ad Amsterdam, città dove risiede (ma tra poco si sposterà a Parigi), Paggi ha fondato un quintetto che fonde influenze pop, rock e jazz, "Giraffe". E questo è l’album d’esordio, con otto tracce (Ham and Sun, Ricordo, Things that Build Concepts, Cantiere, Once I got a LLama, Return, Gero, Slow my skiing). Le date italiane di presentazione sono 11 giugno Macerata Jazz, 8 luglio Pisa Jazz, 13 luglio Bassano del Grappa Terre Graffiate, 16 luglio Jazz on the road Brescia, 29 luglio Fano Jazz, 30 luglio Fiuminata, 7 settembre L’Aquila, 14 novembre Bologna Jazz Binario 69, 15 novembre Padova Jazz.
Paggi, cosa racconta "Giraffe"?
"È un album composto da tante piccole esperienze, sensazioni, pensieri, avvenimenti. Il primo brano ad esempio (Ham and Sun) è dedicato al panino col prosciutto fatto in casa di mio nonno che mangiavo sotto il sole di primavera nel giardino dietro casa. "Gero" alla sofferenza popolare della vicenda Aldo Moro. "Things that Build Concepts" a quelle persone che pensano che il loro intelletto sia tutto, rifugiandosi nelle loro tesi ben costruite, ma si dimenticano di far progredire l’aspetto "corpo" (sensazioni interne ed esterne) e "spirito" (consapevolezza e connessione). Insomma ci sono tante storie che mi porto dietro dal 2019, è stato un processo molto lungo. Un lavoro intenso, intimo, faticoso ma anche molto terapeutico".
Dove vive ora? Pensa di tornare in Italia un giorno?
"Sono sempre in giro, mi piace sentirmi parte del mondo. Ma da giugno io, la mia ragazza e mio figlio Sabatino di 2 anni andremo a vivere a Parigi, ci stiamo trasferendo. In Italia vengo spessissimo per suonare; molte volte porto con me anche Sabatino perché tengo tanto al tempo che passiamo insieme. Non mi manca l’Italia perché la vivo di continuo. Comunque, se dovessi immaginarmi a sessant’anni, mi vedo nelle Marche, dove si sta bene e sereni".
Cos’è per lei la musica?
"È sempre stata una guida. Quando avevo 5-6 anni, e sentivo dalla finestra di casa di nonna Maria la banda suonare la marcia funebre "Il pianto della mamma", piangevo tanto. La musica mi ha attratto. Nella crescita è diventata una passione con la P maiuscola. Un fuoco. E piano piano è diventata il mio "lavoro". A volte più che come lavoro la concepisco come "dovere": ognuno fa la propria parte per la società e io, per ora, sono capace di dare questo. È una dimensione creativa in cui cerco di dare e prendere".