"Mi sono laureata, tutti possiamo farcela"

Margherita Campanelli, affetta dalla sindrome di Down, ha ottenuto la magistrale in Scienze pedagogiche: "Adesso voglio aprire un agrinido"

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"Ho dimostrato di potercela fare e, come me, potrebbero farcela tanti altri ragazzi se troveranno chi crederà in loro e sosterrà il loro cammino. Ora il mio sogno è quello di poter realizzare una struttura mia, un agrinido, per dare la possibilità ai bambini di crescere a contatto con la natura, guidati da approcci educativi all’insegna della concretezza e dell’esperienza". Non ha fatto in tempo a tagliare un importante traguardo che Margherita Campanelli è già pronta a guardare ai prossimi obiettivi. La studentessa 26enne di Fano, affetta da Sindrome di down, infatti, si è laureata ieri alla magistrale di Scienze pedagogiche all’università di Macerata, con una votazione di 110 e una tesi dal titolo ’Il gioco come strumento e pratica inclusiva al nido. Le prospettive e dinamiche educative nello spazio 0-6’.

Margherita, che è anche catechista e capo scout, clown di corsia per portare allegria e dinamiche ludiche nei reparti ospedalieri, ha dimostrato così nuovamente come la Sindrome di down non sia un ostacolo alla realizzazione dei propri sogni. E ora già pensa a come poter utilizzare la sua laurea nel lavoro con i bambini.

Perché ha scelto Scienze pedagogiche?

"Fin da bambina ho avuto a che fare con la pedagogia e gli insegnanti che ho incontrato mi hanno seguita con un amore tale che hanno fatto nascere in me la passione per questo mestiere. Nella mia scelta ho considerato anche l’amore per i bambini che ho sempre avuto. L’Università di Macerata mi ha accolto con molto calore. Ho sempre trovato gli uffici molto disponibili, professori sensibili e attenti. Purtroppo, nella mia condizione di pendolare non conosco molto bene la città di Macerata e il periodo di pandemia mi ha impedito di frequentarla come avrei voluto, ma ho sempre sentito un’autentica sensibilità e un clima davvero inclusivo".

Quali sono stati il momento più difficile nel suo percorso e la soddisfazione più grande?

"È stato difficile per me, pendolare, conciliare il lavoro, lo studio e la frequenza. Molte difficoltà sono emerse nel momento della pandemia, perché avrei voluto stabilire un contatto e un confronto maggiore con i docenti e i colleghi, ma purtroppo non è stato possibile. Se penso invece agli esami, quello che mi ha messo in difficoltà è stato inglese. I momenti belli sono stati tanti e sarebbe troppo lungo elencarli tutti. Ne cito due: il primo esame che ho sostenuto con i professori Sani e Stramaglia. È stato un momento molto intenso sul piano dell’apprendimento, ma anche della relazione con loro. E sicuramente il secondo è il momento che sto vivendo ora e quello appena trascorso: la fine del percorso accompagnata dalla mia relatrice, la discussione della tesi e il conseguimento del titolo per cui ho tanto lavorato e che ho tanto sognato".

Cosa consiglierebbe a chi è indeciso se iscriversi all’università?

"Il percorso universitario mi ha fatta crescere moltissimo, mi ha dato competenze teoriche e culturali, ma ha anche contribuito a formarmi come persona. Suggerisco a tutti di intraprendere il percorso universitario e vorrei dire agli insegnanti della scuola superiore che dovrebbero consentire a un numero maggiore di ragazzi con deficit cognitivo, di conseguire il diploma, che rappresenta l’unico strumento indispensabile per affrontare il percorso universitario".