Civitanova, nipote del boss morto nell'incidente. "Doveva testimoniare su Andreotti"

Schianto con giallo nel 2007: il mozzo dell’auto era rotto

L'auto incidentata

L'auto incidentata

Civitanova, 24 maggio 2018 - A distanza di 11 anni, è ancora pieno di misteri l’incidente nel quale perse la vita, in un modo orribile, il pentito di Cosa nostra Francesco Pattarino, pochi giorni prima di testimoniare nel processo Andreotti bis. Dopo una parziale desecretazione degli atti, in mano alla procura distrettuale antimafia, è emerso ad esempio che l’auto su cui viaggiava aveva il mozzo rotto. L’incidente avvenne alle 3.30 del 15 maggio 2007 all’uscita della superstrada Valdichienti, a Civitanova. Pattarino, 41enne originario di Siracusa, era a bordo di una Citroen Saxo, che all’improvviso sbandò. Il siciliano finì con la testa contro un palo della luce e venne decapitato. Con lui in auto c’erano il figlio quindicenne e un 31enne, originario di Pantelleria ma da anni residente a Civitanova, che si ritrovò un braccio maciullato. Emerse subito che non era un incidente come gli altri.

La vittima era un personaggio di spicco: nipote e braccio destro del boss di Cosa nostra Nitto Santapaola, Pattarino si era pentito e aveva iniziato a collaborare con la giustizia, testimoniando nel processo a carico di Marcello Dell’Utri, e parlando di un incontro che Giulio Andreotti avrebbe avuto con Santapaola. Un’udienza era in programma un paio di settimane dopo quell’incidente fatale. Nell’attesa, era stato trasferito a Civitanova. Venne fuori poi che l’auto aveva l’assicurazione clonata, ed era intestata a una società di Napoli fallita, motivo per cui avrebbe dovuto essere sotto custodia e non in giro per le Marche. Infine, la ruota anteriore destra fu trovata divelta, sebbene la fiancata non avesse subito danni gravi. Sulle prime, si pensò che a guidare fosse stato l’altro siciliano, ma invece venne fuori che l’uomo era lì solo per una fatalità: aveva appena saputo che sarebbe stato assunto a tempo indeterminato, era andato al bar per comprare le sigarette e aveva incontrato Pattarino; i due dall’inflessione si erano riconosciuti come siciliani, e dato che al bar non avevano sigarette avevano deciso di andare insieme, sull’auto di Pattarino, a prenderle in superstrada.

Al ritorno, l’incidente. Al volante c’era il figlio 15enne di Pattarino. Il 31enne riportò gravissime lesioni al braccio, perse il lavoro e si ritrovò accostato a un pentito di mafia: per lui quella serata diventò un incubo, dal quale non è ancora uscito. Dopo pochi mesi, il sostituto procuratore di Macerata Massimiliano Siddi passò il fascicolo alla direzione distrettuale antimafia di Ancona, e tutti gli atti furono secretati. Da allora il mistero di quell’incidente non è ancora stato chiarito. Intanto, il civitanovese originario di Pantelleria ha tentato di ottenere un risarcimento. Dato che l’assicurazione era clonata, ha avviato una causa con la Ras, che risarcisce le vittime della strada, ma il processo è andato avanti con grandi difficoltà non potendo usare i documenti sulla dinamica, chiusi nei cassetti dell’antimafia.

Di recente però il giudice Corrado Ascoli ha chiesto al procuratore della direzione distrettuale antimafia di Ancona Rosario Lionello di consentire di accedere almeno a parte degli atti, e ottenuta l’autorizzazione un consulente tecnico d’ufficio ha potuto esaminare i verbali della Polstrada. Il consulente nei giorni scorsi ha depositato le sue conclusioni, evidenziando che la ruota si era staccata dall’auto perché il mozzo era rotto. Ora questa perizia sarà esaminata dai periti delle parti in causa, la Ras, assistita dall’avvocato Massimiliano Fraticelli, e il civitanovese, assistito dagli avvocati Roberta Ippoliti e Maria Siciliano. Poi il giudice Ascoli deciderà se e come risarcire il trasportato per le lesioni riportate in quell’incidente.