
Due operai al lavoro (foto d’archivio)
Quasi un quarto della ricchezza generata nella nostra provincia dipende dalle esportazioni. Nel 2024 queste hanno raggiunto il valore di 2 miliardi e 136 milioni di euro, il 23,6% del totale del nostro Pil. Un dato in crescita del 23,4% rispetto al 2019, l’incremento maggiore rispetto alle altre province delle Marche (Ascoli +15,5%, Pesaro +17,9%, Ancona +10,2% e Fermo +8,5%) che, però, vantano volumi maggiori (Ascoli 2,95 miliardi, Ancona 4,36 miliardi, Pesaro 3,39 miliardi), con l’eccezione di Fermo (1,2 miliardi).
Il 55,7% dell’export maceratese riguarda paesi dell’Unione Europa, il 44,3% paesi extra Ue. Il mercato degli Stati Uniti pesa per il 7,2%: più di Ancona (6,2%) e Fermo (6,9%), meno di Pesaro (11,1%) e Ascoli (12,4%). Quest’ultima è la provincia marchigiana più esposta alle guerre commerciali che si profilano all’orizzonte a suon di aumento dei dazi, visto che le esportazioni toccano il 50,6% del Pil, valore molto elevato, che la pongono tra le 22 province italiane (su 107) a più alto rischio. Seguono Pesaro, dove l’export vale il 31,4%, Ancona con il 28,5%, Fermo con il 27,6% e Macerata, con il 23,6%.
Questo il quadro disegnato da "Prometeia" per Il Sole 24 Ore, che vede la nostra provincia registrare, rispetto al Pil, la quota di export più bassa di tutte le Marche. Se è vero che, rispetto al 2019, la crescita dell’export nelle Marche è stata piuttosto forte, nel 2024 c’è stata una pericolosa inversione di tendenza.
"È in corso una ridefinizione del modello di esportazione italiano che si sta trasferendo dalla dorsale adriatica a quella tirrenica con Toscana e Lazio che in termini di esportazioni spingono il centro e si basa sempre più sulle produzioni di imprese medio-grandi, a discapito delle piccole", ha detto al Sole 24 Ore Gaetano Fausto Esposito, direttore del Centro Studi Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne.
Una situazione certificata dall’Istat: nel 2024 la Toscana ha registrato una crescita dell’export del 13,6%, l’Umbria del 5,3%, il Lazio dell’8,5%, mentre le Marche hanno avuto una pesante flessione: - 29,7%. È vero che il dato peggiore è quello delle esportazioni farmaceutiche, crollate del 71%, ma è rilevante anche il calo anche dei mezzi di trasporto (-50%) e delle attività manifatturiere (-30,7%).
Un contesto in cui soffre, e non poco, il settore moda, a partire dal tessile (-12,5%), articoli in pelle e simili (-6,8%), ma anche il settore del legno (-4,5%). Nei giorni scorsi, a Fermo, si sono incontrati i direttori delle associazioni confindustriali di Ascoli, Fermo e Macerata, e il direttore generale di Assocalzaturifici per fare il punto sul calzaturiero a inizio 2025.
Secondo gli ultimi dati di settore, per Assocalzaturifici, nei primi nove mesi del 2024 nelle Marche l’export ha registrato un valore in calo del 6,4% rispetto all’analogo periodo 2023. Le prime cinque destinazioni dell’export marchigiano, che coprono il 46,7% del totale, sono la Francia (+22,2%), Germania (-11,8%), Usa (-11,9%), Cina (-23,7%) e Belgio (+4,6%). La Russia segna un -33,1%.
Nello stesso tempo le ore di cassa integrazione autorizzate da Inps per le imprese marchigiane della filiera pelle nel 2024 hanno registrato un +163,8%: quasi 6 milioni di ore, +16,5% anche rispetto alla situazione pre-Covid.