Numero chiuso, come reprimere sogni e capacità

Mauro

Grespini

Dopo una maturità quasi normale e un’estate con il libro sotto l’ombrellone, moltissimi ragazzi e ragazze provano in questi giorni a superare i famigerati test di ammissione a molte facoltà universitarie che prevedono il numero chiuso o programmato. Vedendoli sudare sopra quelle centinaia di test, mi viene in mente la scena del film ’Sogni mostruosamente proibiti’ in cui Mike Bongiorno chiese al signor Coniglio (Paolo Villaggio), il campione dei campioni di ’Rischiatutto’, di elencare i nomi di tutti gli spettatori della curva sud del settore H che erano presenti alla partita Brasile-Uruguay del ‘62 allo stadio Maracanà. Una domanda da oltre un miliardo di vecchie lire, un autentico... ’Carcamagnu’, dal nomignolo dell’ultimo tifoso che valse il titolo al concorrente. Purtroppo era un sogno! Come per la stragrande maggioranza di quei giovani che avrebbero voluto studiare ciò che amano, ma non ci sono riusciti. Magari riproveranno l’anno dopo, ripiegando nel frattempo su altri corsi di laurea. Oppure rinunceranno all’università. Così il dubbio resta: forse sarebbero potuti essere appassionati e preparati professionisti (magari anche più di chi ce l’avrà fatta) in un settore che gli è stato precluso, in quella triste mattina di settembre, da un insidioso test valutativo. Credo che l’università debba dare a tutti l’opportunità di iscriversi e applicare poi la vera selezione durante il corso di studio. Servono porte spalancate in ateneo perché il futuro del nostro Paese dipende dalla sua cultura e dalla forza di competere per innovazione e qualità.