Omicidio Rosina, quei pizzini in albergo tra madre e figlio

I retroscena dell’inchiesta tra ammissioni e intercettazioni, il gip nell’ordinanza: "Delitto spietato, per loro Rosy era un fastidio"

Enrico Orazi, 79 anni, Arianna Orazi, 48, ed Enea Simonetti, 21 anni

Enrico Orazi, 79 anni, Arianna Orazi, 48, ed Enea Simonetti, 21 anni

Macerata, 17 febbraio 2021 - Arianna Orazi ed Enea Simonetti, il 20 gennaio, erano arrivati al punto di comunicare soltanto scrivendo su dei foglietti di carta. "È l’unico modo", dice lei, nel timore di essere intercettati dai carabinieri che indagavano sull’omicidio della 78enne Rosina Carsetti, commesso il 24 dicembre nella villetta di via Pertini, a Montecassiano. "C’è da sta’ attenti a parlare sui telefoni", diceva la madre al figlio già il 25 dicembre.

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Ma questa attenzione non è bastata a impedire che gli inquirenti registrassero una marea di dialoghi, pieni di riferimenti all’omicidio. Di fronte a intercettazioni e riscontri, Enea Simonetti abbandonerà la storia della rapina? È quello che vuole scoprire l’avvocato Andrea Netti, che domani lo incontrerà a Montacuto. Lontano dalla madre, con la quale aveva un rapporto strettissimo, il 21enne potrebbe dire qualcosa di diverso, forse finalmente la verità sulla morte di sua nonna. Ai carabinieri, accorsi in via Pertini di Montecassiano nel tardo pomeriggio della vigilia, la storia dei tre era sembrata subito alquanto singolare. In pieno lockdown, in giro c’erano più pattuglie che altro, quasi tutti erano in casa, un momento poco idoneo per una rapina. Da nessuna parte c’erano dei segni di scasso. Nella villetta c’erano due grossi cani. Ma i tre, in casa e poi in caserma, con i carabinieri a Macerata, mentre non avevano speso una parola per l’anziana uccisa, si erano affannati nel fornire dei dettagli su quella rapina. Ma erano troppi, e pieni di contraddizioni elencate anche dal giudice per le indagini preliminari, Giovanni Manzoni, nell’ordinanza che ha fatto finire in carcere la madre e il figlio.

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Arianna, che più volte aveva ripetuto a tutti come in ogni piano della casa ci fosse un aspirapolvere, aveva detto di essere stata liberata da Enea, poi insieme erano scesi da Enrico e infine tutti e tre erano andati da Rosina. Enea, invece, ha detto di avere liberato il nonno da solo, poi insieme sarebbero andati dalla madre e dalla nonna. Arianna dice che scendendo con Enea aveva notato che, dalla porta chiusa del bagno, filtrava la luce; invece, sia il figlio sia il padre Enrico dicono che nella stanza la luce era stata spenta dal bandito.

Omicidio di Montecassiano: i movimenti nella villetta svelati dai telefonini - Indagini sui beni di famiglia - I familiari di Rosina pesati in ospedale Arianna sostiene di essere riuscita a togliersi da sola il calzino che le era stato messo in bocca perché non urlasse; Enea dice di averla liberata lui dal calzino. Enea dice che avevano capito subito che la nonna era morta, Arianna sostiene di averlo saputo soltanto dai medici. Enea riferisce che il nonno gli ha parlato di uno sconosciuto vestito di nero, Enrico dice di essere stato preso di spalle, senza potere vedere nulla. Per altro, rileva ancora il gip nell’ordinanza, è anomalo che il rapinatore fosse sceso di sotto, portandosi uno dei calzini presi ad Arianna, come se sapesse che avrebbe dovuto chiudere la bocca a un’altra persona, è anomalo che sapesse di poter usare i cavi dei vari aspirapolvere della casa, è anomalo che abbia ucciso una donna di 78 anni, indifesa, e lasciato quasi illesi Arianna e anche Enrico.

image Arianna aveva parlato di uno schiaffone ricevuto, aveva anche mostrato in televisione un livido al braccio, ma il medico del 118, intervenuto nella villetta di Montecassiano, aveva subito notato la sproporzione tra un eventuale schiaffone e la mancanza di segni sulla donna. "Tanto non c’ha visto nisciù", insisteva Arianna in caserma, per convincere il figlio a tenere ferma la versione concordata. Peraltro, una versione che non poteva essere stata ideata sul momento.

"Hanno architettato il piano per uccidere spietatamente l’anziana, che era ormai soltanto un fastidio per loro", scrive il giudice. A dirigere il piano, per il procuratore capo di Macerata, Giovanni Giorgio, sarebbe stata Arianna. "Abbiamo fatto due errori", dice lei parlando con il figlio. "Noi chi", le chiede lui. "Noi, io", risponde lei. "Ah ecco", commenta Enea, che la notte del delitto non ha esitato a scaricare ogni colpa sulla madre, in quella che, secondo lui, era la verità: lui era uscito, e tra la madre e la nonna c’era stato un incidente, che la madre aveva deciso di coprire simulando dunque la rapina. Quanto al marito di Rosina, dopo l’omicidio ha chiesto perdono a Dio, ma non si sente colpevole. "Oh Enrico ammo’ è andata cuscì – dice a se stesso –, te c’ha misso lì". Intanto, la figlia e il nipote facevano conto su di lui come capro espiatorio: un piano B, qualora la rapina non avesse retto. "L’abbiamo detto sempre che l’anello debole era Enrico – ripete Arianna al figlio –, alla fine danno la colpa ad Enrico". Il gip in un passaggio rileva anche il ruolo dell’altro figlio di Rosy. "Le dichiarazioni circa i buoni rapporti tra la madre e la sorella – scrive il il giudice Manzoni – appaiono frontalmente smentite da tutte le asserzioni degli amici della vittima, dovendosi pertanto ipotizzare o un suo atteggiamento dolosamente omertoso e teso a favorire gli indagati, o quantomeno una totale assenza di dialogo con la madre". Enea Orazi ha accettato anche di dire in televisione che non c’era alcun problema a casa dei genitori, e non sapeva neppure che sua madre avesse chiamato i carabinieri, per difendersi dal nipote.