Omicidio a San Severino, i familiari. "Giuseppe a casa troppo presto dopo il Tso"

Monta la rabbia. Una nipote: "Mia zia era dolcissima, sempre sorridente"

La casa dove è avvenuto l'omicidio-suicidio (foto Calavita)

La casa dove è avvenuto l'omicidio-suicidio (foto Calavita)

San Severino (Macerata), 12 luglio 2017 – «Zia era la persona più buona del mondo, sempre con il sorriso sulle labbra. Era dolcissima». È ancora sconvolta la nipote (che preferisce restare anonima) di Santa Bianchini, la donna di 83 anni uccisa ieri con un mortaio da cucina. Una vita sofferta: la donna aveva affrontato due lutti in pochi anni. Il marito, lo scorso settembre, e la figlia, Claudia, morta esattamente quattro anni fa.

«Non si era più ripresa, dopo la morte della figlia. Un male l’ha portata via in appena un mese e mezzo. E zia, era andata parecchio giù, da quel momento, anche fisicamente. Credo contasse sulla figlia per fare da spalla al fratello, quando lei non ci sarebbe stata più. E invece, è accaduto quanto è accaduto e si è ritrovata in casa con mio cugino, e per di più da sola dallo scorso settembre, quando anche suo marito è venuto a mancare».

Il figlio della vittima, Giuseppe Bordoni, che abitava appunto con la madre, sottoposto a diversi trattamenti psichiatrici, lavorava a casa: dipingeva anche dei quadri e si dedicava al restauro dei mobili. A detta di molti, in paese, «era bravissimo nel suo lavoro». «Giuseppe non era sempre stato così, cioè con disturbi – prosegue la nipote della vittima –, da giovane ricordo che si comportava normalmente. Ma a ottobre, dopo un altro trattamento sanitario obbligatorio, gli hanno permesso di tornare a vivere a casa. Il fratello di mia zia, all’epoca, si era opposto fortemente al fatto che lo facessero tornare ad abitare insieme alla madre, diceva che era troppo presto per rimandarlo a casa».

«E anch’io lo pensavo – incalza la nipote di Bianchini –, queste malattie, quelle mentali, vengono sempre sottovalutate. Ma purtroppo sono situazioni di cui tutti si preoccupano soltanto quando si trasformano in tragedia e fanno notizia. Prendiamo l’esempio della mamma che ha ucciso il figlio a Natale, qualche anno fa, a pochi chilometri da qui. Tutti vedevano che andava in giro nuda, a tutti era evidente quanto stesse male. Tutti lo sapevano. Eppure, non è stato fatto nulla. In teoria, di mio cugino avrebbero dovuto occuparsi i servizi sociali. Ed ecco com’è andata a finire».