Macerata, maxi operazione antidroga. Così i pusher si erano spartiti la città

Concesse 27 misure cautelari: dieci africani in carcere. Documentate miglia di cessioni. Uno dei presunti capi individuato a Ferrara

Ecco come erano divise le zone dello spaccio a Macerata

Ecco come erano divise le zone dello spaccio a Macerata

Macerata, 4 dicembre 2018 - Si erano spartiti la piazza dello spaccio dividendo la città in zone e vendendo droga anche vicino alle scuole. Polizia e carabinieri hanno documentato migliaia di cessioni di stupefacenti e alla fine dell’indagine il gip Domenico Potetti ha concesso 27 misure cautelari, 17 delle quali in carcere, nei confronti di altrettanti stranieri, quasi tutti nigeriani. La polizia ne ha eseguite sette (sei in carcere), i carabinieri sei (quattro delle quali in carcere). Altre persone sono ancora ricercate. Tra i destinatari dei provvedimenti anche Innocent Oseghale (già in carcere per l'omicidio Pamela Mastropietro (FOTO), Avelima Lucky e Lucky Desmond (accusati e poi scagionati per il massacro di Pamela, ma poi condannati per spaccio).

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L’articolata indagine, coordinata dal procuratore Giovanni Giorgio, è nata dopo il massacro di Pamela, episodio che ha fatto aumentare del 1000% le intercettazioni telefoniche. I carabinieri hanno documentato 2.800 cessioni di droga dal 2016 a oggi: gli spacciatori africani si sarebbero spartiti la città per lo spaccio (soprattutto eroina), dividendosi le zone con l’accordo di non invadere il territorio altrui. Le aree principali di spaccio sarebbero tre: Santa Croce, giardini Diaz-Fontescodella e ospedale-Pace.

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La polizia (che ha documentato 1.250 cessioni da febbraio a ottobre) ha individuato presunti spacciatori, oltre che nella zona dei giardini, in via Pace, in via Roma e vicino alle scuole Fermi e Galilei. Poi anche a Treia e Passo di Treia. I clienti sarebbero di tutte le età e spesso sarebbero stati gli stessi spacciatori a contattarli per chiedergli se avevano bisogno di qualcosa. Secondo le indagini, i pusher si sarebbero riforniti ad Ancona: ingerivano gli ovuli e poi tornavano in città col treno o col pullman. Uno dei presunti capi dell’organizzazione è stato individuato a Ferrara.