Oseghale si oppone all’adozione della figlia

Il nigeriano ha impugnato la sentenza del tribunale dei minori, ma i giudici gli hanno dato torto. "Non può svolgere il ruolo di padre"

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di Paola Pagnanelli

Condannato in primo grado e in appello all’ergastolo per aver violentato, ucciso e fatto a pezzi la 18enne Pamela Mastropietro, Innocent Oseghale si è opposto al fatto che sua figlia fosse adottata da una famiglia. Ma il tribunale per i minori ha respinto il ricorso, elencando tutte le carenze genitoriali emerse per lui e la madre della piccola. In città Oseghale aveva avviato una relazione con una maceratese e a marzo del 2017 la coppia aveva avuto una bimba. Dopo la nascita, lei e la madre erano state accolte in una comunità perché la donna soffre di un disturbo psichiatrico ed è tossicodipendente; anche quando era incinta aveva bevuto alcolici e dopo la nascita della piccola era stata trovata positiva ad alcune sostanze. Coi servizi sociali, dunque, le due erano state accolte in una struttura. All’epoca, il nigeriano era stato da poco arrestato con l’accusa di spaccio anche ai minorenni, e per questo era stato espulso dal programma di accoglienza. Il 31 gennaio, l’uomo fu arrestato per il macabro omicidio della giovane romana. La compagna, intanto, era incinta di un altro bambino. Ma mentre uno era in carcere con accuse pesantissime, l’altra era in condizioni sempre più compromesse quanto alla salute psichica. Per questo, a giugno del 2018, la bimba era stata affidata a una famiglia, e a maggio del 2019 era stata dichiarata sospesa la potestà genitoriale di entrambi i genitori, dopo le valutazioni che li avevano ritenuti inidonei a prendersi cura della piccola, preoccupandosi della sua crescita sana e serena, garantendole un futuro, assumendosi la responsabilità del suo benessere. In seguito a questo, la Procura per i minori ha avviato la procedura per la dichiarazione di adottabilità della piccola, che si è conclusa a gennaio, col via libera all’adozione della bimba. Ma contro quella sentenza Oseghale, assistito dall’avvocato Simone Matraxia, ha fatto appello. Tra le motivazioni, la mancata valutazione specifica in merito alla possibilità di essere un buon padre, la possibilità di un percorso mirato che lo aiuti a rimanere comunque una figura presente per la figlia, la possibilità anche di una riforma della sentenza di condanna all’ergastolo (sulla quale il ricorso in Cassazione sarà discusso tra un mese). Contro l’istanza si sono espressi la Procura per i minori e il tutore della bimba, l’avvocato Cinzia D’Orazio, assistita in giudizio dall’avvocato Luca Froldi. Nei giorni scorsi è arrivata la sentenza, che ha dato torto al padre. Gli argomenti del nigeriano sono stati ritenuti generici dalla corte d’appello per i minori di Ancona, che con una lunga sentenza ha articolato le ragioni che hanno portato alla sospensione della potestà genitoriale di Oseghale e della compagna, e infine alla necessità di anteporre il benessere della piccola dandole la possibilità di vivere in maniera stabile e serena in una famiglia in grado di accudirla. I giudici escludono che, per il padre come per la madre, ci siano allo stato elementi che possano fare sperare in un recupero, alla luce della condizione psichiatrica dell’una e del procedimento penale che vede imputato l’altro. La madre ha visto le condizioni precipitare anche in seguito all’omicidio di Pamela, iniziando a rifiutare terapie e aiuti dai servizi. Il padre ha negato l’omicidio, ma ha ammesso il depezzamento di Pamela, in un quadro sempre molto critico per la crescita sana di un bimbo. La corte d’appello ha così respinto il ricorso. Quanto al secondo figlio della coppia, è stato dato in affido poco dopo la sua nascita.