Pamela Mastropietro, un colpo alla testa e tagli prima della morte

Nuovi riscontri dall'autopsia: corpo fatto a pezzi con un lavoro scientifico

Pamela Mastropietro aveva 18 anni (Ansa)

Pamela Mastropietro aveva 18 anni (Ansa)

Macerata, 9 febbraio 2018 - ''Un colpo alla testa inferto con un corpo contundente e due tagli all'addome che potrebbero essere compatibili con delle coltellate''. Sono gli importanti dettagli emersi dai nuovi accertamenti autoptici sui resti della povera Pamela Mastropietro, la 18enne romana il cui cadavere è stato trovato a pezzi in due trolley mercoledì 31 gennaio a Casette Verdini di Pollenza.

Si rafforza, quindi, l'ipotesi dell'omicidio volontario e che la causa del decesso non sia la droga. Anche perché - è emerso sempre dall'autopsia - i riscontri fanno ipotizzare che gli atti di violenza siano stati compiuti quando la giovane era ancora in vita. Inoltre mancano sangue e urina dai resti della ragazza. Il corpo è stato smembrato, mutilato e accuratamente lavato con la candeggina prima di essere chiuso nelle valigie e abbandonato. Un lavoro scientifico secondo i medici legali che hanno svolto l'autopsia. Entro venti giorni si sono impegnati a dare qualche risposta i consulenti della procura, che ieri hanno effettuato i prelievi dei tessuti per avviare le analisi istologiche. Dalle 9 alle 13, il tossicologo Rino Froldi, i medici legali Mariano Cingolani, Roberto Scendoni e Dora Mirtella, con il collaboratore Domenico Mazza, hanno esaminato il corpo e prelevato dei campioni dei tessuti, sui quali da lunedì inizieranno gli accertamenti anche con l’utilizzo di macchinari particolari a Roma.

FIACCOLATAFOTO_28728085_222024

I consulenti sono fiduciosi di potere chiarire che cosa sia successo nelle ore di buio della ragione, nel corso della quale la giovane è morta e poi è stata fatta pezzi. Già al primo esame è risultato comunque evidente che il lavoro è stato fatto con cura, in una maniera che verrebbe da definire scientifica, e che difficilmente può essere opera di una persona sola: ci sono voluti tempo, capacità e meticolosità. All’esame hanno preso parte anche gli avvocati Monia Fabiani, che assiste Innocent Oseghale, il nigeriano 29enne in carcere per questo delitto, e Gianfranco Borgani, che difende Lucky Desmond, nigeriano anche lui, indagato per gli stessi reati dell’altro.

Mentre Oseghale è stato fermato mercoledì scorso sulla base di una serie di indizi (tra cui le testimonianze di chi lo ha visto in farmacia con Pamela e di chi lo ha portato con i trolley a Pollenza), a carico di Desmond ci sono solo le prime dichiarazioni fatte da Oseghale, che lo aveva accusato di aver ceduto l’eroina alla diciottenne e di essere poi andato con lei in via Spalato, e la testimonianza di un commerciante, al quale i due avrebbero chiesto l’acido per poi acquistare la candeggina, usata sul corpo e nell’appartamento: indizi ancora insufficienti a fare scattare una misura cautelare.

Il nigeriano in ogni caso respinge ogni accusa e conta di poter dimostrare la sua innocenza anche grazie a un testimone: uno dei feriti più gravi del raid xenofobo di Luca Traini è infatti il suo compagno di stanza. Resta per ora invece in carcere Oseghale. "La misura per lui può avere la durata massima di sei mesi, ammesso che il quadro probatorio non cambi", ha precisato il procuratore capo, Giovanni Giorgio

AGGIORNAMENTO Fermati altri due nigeriani

image