Omicidio di Pamela Mastropietro, il dolore dello zio. "Nessun luogo per piangerla"

L’avvocato Verni: niente funerale dopo oltre due mesi

Pamela Mastropietro

Pamela Mastropietro

Macerata, 9 aprile 2018 - «Non avere ancora avuto la possibilità di seppellire Pamela, non avere un luogo dove piangerla, aumenta il dolore di noi familiari. Ma la procura tenga con sé il corpo, o meglio quello che rimane, per fare adesso tutti gli accertamenti senza che poi ci si debba tornare su in futuro». Marco Valerio Verni, lo zio di Pamela Mastropietro, interviene al telefono: si rivolge alla sala affollata della Mozzi Borgetti, dove in tanti si sono riuniti per ascoltare Alessandro Meluzzi, psichiatra e criminologo, nell’incontro organizzato da Deborah Pantana, consigliere comunale Forza Italia, e Paolo Diop, del Movimento nazionale della sovranità. 

«Ci sono persone stupide che vedono Pamela come una tossicodipendente e una prostituta – sottolinea Verni –, arrivando a pensare che quasi se la sia cercata e meritata una fine così. Poteva anche essere la peggior drogata del mondo, e non lo era, ma di certo questo non potrebbe giustificare nessuno a ridurla in quello stato. Pamela non è morta di droga ma perché si è allontanata da una comunità dove era in cura per una doppia diagnosi, ossia una patologia psichiatrica che come effetto secondario portava al consumo di sostanze stupefacenti».

Nel sottolineare che Pamela era andata ai giardini Diaz non per cercare droga ma per prendere il pullman per tornare Roma, Verni precisa: «Non è certo colpa di Pamela se quello è un luogo in cui la droga viene spacciata all’aria aperta. Mi domando se i responsabili, sindaco, questore dell’epoca, prefetto, siano stati chiamati a rispondere del loro operato. Speriamo che il caso di Pamela possa portare a un cambiamento anche delle politiche migratorie, che evidentemente hanno fallito. Com’è possibile che l’attuale indiziato numero uno, Oseghale, dopo quattro anni di permanenza in Italia ancora non parli l’italiano? Dove sono i programmi di inserimento? Vanno accolti donne, bimbi e anziani che scappano dalle guerre ma i 20enni muscolosi devono rimanere a combattere e lavorare nella propria patria. Non è accettabile ritrovarsi in casa tutti questi migranti che dicono di scappare dalle guerre». E Giorgia Isidori, presidente dell’associazione Penelope, si chiede: «Perché è successo a Macerata? Da sempre si pone come città aperta all’accoglienza, ma l’accoglienza deve essere regolata, ben gestita. E purtroppo questo non avviene. In Italia sono 50mila le persone scomparse, 714 nelle Marche, 10 in provincia di Macerata. E poi parliamo delle Marche come isola felice?».