Pamela Mastropietro: tre anni fa il massacro

Il prof Ventrone: "Dall'omicidio di via Spalato a Traini, paure sottovalutate. Sembrava di essere precipitati in uno scenario statunitense"

Pamela Mastropietro, massacrata tre anni fa in via Spalato

Pamela Mastropietro, massacrata tre anni fa in via Spalato

Macerata, 30 gennaio 2021 - "Siamo disorientati, spaventati. Rabbia e aggressività sono frutto della paura. In queste condizioni non c’è un esito scontato, molto dipenderà dalla capacità della politica di fornire punti di riferimento e prospettive". Tre anni fa, Macerata si schiantava nell’orrore dell’omicidio di Pamela Mastropietro, e a distanza di pochi giorni nel panico causato dalla sparatoria di Luca Traini. Due fatti clamorosi. Ci hanno cambiati? A rispondere è il professor Angelo Ventrone, docente di storia all’università di Macerata. "La tragedia della povera Pamela ha colto di sorpresa la città, e tanto più la reazione di Traini. Ricordo la mia impressione di essere precipitato in una realtà statunitense. C’erano stupore e paura per evento non controllabile. Oggi credo si possa dire che il problema dell’integrazione era stato sottovalutato. Molti all’epoca dicevano: "Traini ha sbagliato, ma...". Quel "ma" era molto criticato, come se ci dovesse essere una condanna assoluta, eppure quel "ma" era lo spazio della politica. Tutti siamo d’accordo sul fatto che Traini ha sbagliato gravemente. Di fatto però un problema c’era, c’era la paura e la politica avrebbe dovuto tenerne conto prima. Se alcune zone erano fuori controllo, la politica doveva rispondere, con interventi inclusivi, ma anche con severità. Invece quella paura è stata sottovalutata".

Come ne siamo usciti? "Mi sembra che la città sia riuscita a evitare una deriva pericolosa. In queste situazioni in cui si mescolano instabilità economica, sociale, culturale, è facile che si cada in preda ai cosiddetti imprenditori della paura. Anche grazie al lavoro delle forze dell’ordine credo che l’emergenza sia rientrata, che la risposta della città sia stata civile. Poi c’è stata l’emergenza Covid e tutti noi viviamo un po’ schiacciati sulle emergenze del momento, cosa comprensibile ma un po’ pericolosa, perché se si vive solo sul presente si vive sempre in qualche emergenza. Questo potrebbe creare le condizioni per quello che Erich Fromm chiama la fuga dalla libertà: sentirci sempre in allarme può spingerci a desiderare un po’ di libertà in meno, in cambio di maggiore sicurezza".

È possibile che siamo cambiati dopo l’omicidio di Pamela? "I cambiamenti culturali seguono quelli economici e sociali, le difficoltà e le incertezze che queste trasformazioni creano provocano un disorientamento che può essere pericoloso. Quando ci sentiamo instabili, cerchiamo un responsabile. L’instabilità diventa anche psicologica, con il rischio di atteggiamenti paranoici collettivi".

Antidoti possibili? "Una classe politica che riesce a guidare queste trasformazioni, a rasserenare, a dare prospettive. E poi, come dice Bauman, la difesa del rumore, la discordanza di opinioni per evitare che un gruppo accentri nelle sue mani il potere esclusivo".

Ma oggi c’è molto rumore, oggi parliamo tutti di tutto. "Non ci sono filtri, ognuno dice la sua. La sfiducia nei confronti degli scienziati fa parte del clima paranoico. Il rumore rischia di diventare caos. I social media favoriscono il ruolo degli imprenditori della paura".

Dalla politica alla quotidianità, sembra che dal 2018 ci sia stato un cambiamento qui. "Due cose mi hanno stupito. La prima è che la Regione abbia tagliato i fondi alla rete di istituti sulla Resistenza, una mossa sbagliata perché la democrazia funziona per addizione e non per sottrazione, deve aumentare i soggetti critici, non farli diminuire. Poi gli istituti di ricerca, come la stampa, sono spazi prepolitici, non sono a disposizione di chi vince le elezioni perché sono di tutti i cittadini".

L’atteggiamento è lo stesso di quello sulla pillola abortiva: togliere invece di aggiungere? "Non si può dire che l’aborto è una battaglia di retroguardia. Se si pensa che il problema sia la denatalità si possono aiutare le giovani coppie, dare prospettive, sicurezza. Invece sembra che la politica sia tentata spesso di alzare i toni per farsi notare. Ma la democrazia non ha bisogno di discorsi incendiari".