Pamela Mastropietro, via Spalato dieci mesi dopo l'omicidio

Le reazioni sulla strada dell’orrore: non sempre ci sentiamo al sicuro. Processo a Oseghale, disordini davanti al tribunale: summit in prefettura

Fiori e biglietti in ricordo di Pamela davanti casa di Oseghale

Fiori e biglietti in ricordo di Pamela davanti casa di Oseghale

Macerata, 28 novembre 2018 - Sono passati 10 mesi dal massacro di Pamela Mastropietro in via Spalato, e dal raid razzista di Luca Traini. Oggi, all’indomani dell’udienza preliminare del processo a Innocent Oseghale, accusato dell’omicidio della ragazza, la ferita della città è ancora aperta, secondo chi nel quartiere di via Spalato vive e lavora.

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«La percezione di insicurezza è ancora forte – sottolinea Barbara Trozzo, titolare di Tutto Gelato –, io ad esempio non faccio una passeggiata la sera per il quartiere. Sono legatissima alla città di Macerata, altrimenti me ne sarei già andata. Pamela è stata ridotta in quel modo, ed è accaduto dentro casa nostra. Oseghale veniva qui con la compagna a prendere il gelato. È stato uno choc. In quel periodo le ragazze non volevano restare sole all’orario di chiusura, siamo stati costretti a riorganizzarci per sentirci più al sicuro. Dopo quei fatti, capita di assistere più spesso a esplosioni di rabbia, soprattutto verso lo straniero che spaccia. Serve che l’immigrazione sia controllata, i richiedenti asilo devono poter lavorare. Allo stesso tempo non si può associare in automatico il migrante al delinquente. È capitato che una delle mie dipendenti, di origine marocchina, venisse aggredita, con frasi del tipo «Che ci stai a fare qui, torna al tuo Paese». Lei è andata sul retro, con le lacrime agli occhi. Non si può arrivare a questo».

«Qualcuno ancora oggi evita la zona perché non ha piacere di passare qui – spiega Elsa Tardella, della rosticceria –. Chi ha fatto questo a Pamela deve avere il massimo della pena, stare in galera a vita. La sua morte non è stata dimenticata, ancora se ne parla molto, e continuano i pellegrinaggi al piccolo parco dove vengono lasciati fiori e bigliettini».

Luciana Compagnucci, del negozio di prodotti caseari di fronte l’ex casa di Oseghale, racconta che la situazione si è tranquillizzata ma che c’è ancora una «percezione negativa nei confronti degli stranieri. Io stessa dopo quei fatti se vedo uno straniero cambio strada. I controlli sono aumentati, ma si vede che molti continuano a spacciare. L’immigrazione deve essere regolamentata, inutile che vengano qui a delinquere. Quanto ci è costato tutto questo, sia in spese di giustizia che nel ritorno d’immagine per la città?»

E se c’è chi nota «Macerata non è mai stata un’isola felice, solo che prima i problemi si preferiva non vederli», un commerciante della zona, Max Gesualdi, dice che «nulla è cambiato in quanto ad afflusso di clientela, e poi ora la situazione si è calmata parecchio. La gente non esce di casa? Non usciva neanche prima».

Mauro Lombardelli, frequentatore della zona, nota che «quei fatti hanno segnato la città, c’è più insicurezza, e non ci sono adeguati controlli. Serve una regolamentazione dell’immigrazione». Carla, una commerciante, sottolinea che «a gennaio è come se il guscio protettivo della città si fosse rotto all’improvviso. In giro c’è molta rabbia. Ci siamo imbarbariti».

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SUMMIT IN PREFETTURA -  Summit in prefettura per discutere dei disordini davanti al tribunale. D’intesa con il procuratore generale della Corte di appello di Ancona, Sergio Sottani, il prefetto Iolanda Rolli ha convocato per oggi nella sala giunta della Prefettura un Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica per esaminare quanto accaduto davanti al tribunale lunedì scorso, in occasione dell’udienza preliminare nel processo a carico di Innocent Oseghale, il nigeriano accusato dell’omicidio di Pamela Mastropietro, e quindi gli eventuali provvedimenti da adottare. Il Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica si svolgerà alla presenza del procuratore Sergio Sottani e del procuratore capo di Macerata Giovanni Giorgio.

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