Pamela Mastropietro, i carabinieri. "Così abbiamo arrestato Oseghale"

I racconti dei militari al processo per droga: marijuana nascosta in bagno

Macerata, Oseghale è imputato per l'omicidio di Pamela Mastropietro (Foto Ansa)

Macerata, Oseghale è imputato per l'omicidio di Pamela Mastropietro (Foto Ansa)

Macerata, 23 febbraio 2019 - I primi, concitati momenti delle indagini sull’omicidio della 18enne romana Pamela Mastropietro sono stati rivissuti ieri in tribunale dai carabinieri, chiamati a testimoniare nel processo (foto) che vede Innocent Oseghale imputato per spaccio. Il nigeriano è accusato di centinaia di cessioni, e anche di aver consentito alla 18enne di avere una dose di eroina; poi, secondo l’accusa, l’avrebbe violentata, uccisa e fatta a pezzi. Sullo spaccio è in corso un procedimento distinto, nel quale erano stati coinvolti anche Lucky Desmond e Awelima Lucky, già condannati a sei e otto anni di reclusione con l’abbreviato.

«Il 31 gennaio – ha ricordato ieri il luogotenente Domenico Spinali, del Reparto operativo dei carabinieri di Macerata – eravamo in via Spalato per le indagini dopo il ritrovamento dei resti della ragazza. Intorno alle 18.50 abbiamo visto un uomo di colore scendere dalle scale e lo abbiamo bloccato sul pianerottolo. Lui ha negato di avere stupefacenti, invece addosso aveva una quarantina di grammi di marijuana. In casa poi ci ha indicato un contenitore sul frigorifero, con altri 42 grammi. A quel punto in casa sua abbiamo trovato indizi relativi alle indagini sull’omicidio e abbiamo interrotto la perquisizione, abbiamo messo i sigilli alla porta e lo abbiamo portato in caserma». Il luogotenente Carmine Manco ha invece aggiunto i dettagli della perquisizione fatta il 6 febbraio nella mansarda di via Spalato: nel cassone della serranda in bagno vennero trovati due involucri, e altri furono sequestrati in uno zaino in camera; le analisi rivelarono che c’era la marijuana anche lì. 

L’assistente della polizia penitenziaria di Montacuto Mauro Sangregorio ha invece riferito circa il ritrovamento di una bustina di eroina, nella tasca dei jeans con cui Oseghale era arrivato in carcere. L’appuntato scelto Vincenzo Ierardi del Reparto operativo di Macerata ha infine indicato le indagini fatte sul cellulare del nigeriano, dalle quali sarebbe venuta fuori la rete di spacciatori e clienti intorno a Oseghale. Nella prossima udienza, il 22 marzo, saranno sentiti tra gli altri il colonnello Magliozzi della Finanza, che indagò sui 26mila euro di Oseghale e la compagna del nigeriano. 

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Per quanto riguarda il processo sull’omicidio, invece, l’avvocato Maria Claudia Conidi, che assiste il pentito che avrebbe raccolto la confessione di Oseghale in carcere, conferma le paure del suo assistito. L’uomo, legato alla ‘ndrangheta e da anni collaboratore di giustizia, chiede protezione per la sua famiglia. «La moglie e una figlia sono state minacciate nelle Marche da persone di colore – assicura l’avvocato – e lui ha paura: Oseghale in carcere gli ha mostrato i segni sul corpo che attestano la sua affiliazione alla mafia nigeriana, ai Black Cats». Cicatrici che con i carabinieri lui ha attribuito ad alcune cure fatte da piccolo. 

«Oseghale ha offerto centomila euro al pentito perché ritrattasse le accuse – afferma l’avvocato Conidi –, ma il mio assistito chiede solo sicurezza per la sua famiglia. Non è un braccio di ferro con la procura, da mesi scrivo alla Dda calabrese per avere tutela». Anche lo scorso settembre il pentito aveva annunciato che non avrebbe più testimoniato contro un clan crotonese, invocando anche all’epoca la protezione per i familiari che anche all’epoca non è stata riconosciuta.