Pamela Mastropietro processo, la difesa di Oseghale. "No a processi mediatici"

Gli avvocati del nigeriano in aula: "Omicidio e violenza non sono provati"

Oseghale è accusato di avere violentato e ucciso Pamela Mastropietro

Oseghale è accusato di avere violentato e ucciso Pamela Mastropietro

Macerata, 16 maggio 2019 - "Le sentenze non si emettono per compiacere il popolo o i media. Non bastano prove indiziare: la condanna per omicidio o per violenza sessuale può arrivare solo quando si dimostra la colpevolezza oltre ogni ragionevole dubbio". E di dubbi, secondo gli avvocati Simone Matraxia e Umberto Gramenzi, che difendono Innocent Oseghale, ce ne sarebbero tanti nella ricostruzione fatta dalla procura sull’omicidio di Pamela Mastropietro, la 18enne romana trovata in pezzi il 31 gennaio dell’anno scorso. L’avvocato Matraxia ha menzionato il clamore sollevato dalla vicenda «per la morte assurda di una ragazza, drammatica e incomprensibile, per la nazionalità dei soggetti coinvolti e poi legata alla strage di Traini: questo ha portato le indagini a subire accelerazioni, frenate e retromarce. C’è stata la presunzione di ricostruire la vicenda passo dopo passo, ma nessuno era presente. Concentriamoci su dati certi».

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Parlando dell’accusa di violenza sessuale, il difensore ha fatto presente che nessuno dei vicini ha sentito urla o rumori di colluttazioni nella mansarda. Anche il giudice per le indagini preliminari, nel convalidare l’arresto di Oseghale, ha ricordato l’avvocato, ha parlato della «notevole libertà sessuale della ragazza, che non esclude un rapporto consensuale». «In ogni caso non c’è un automatismo tra l’assunzione di eroina e l’inferiorità psichica, non basta questo per dire che Pamela è stata violentata. Non ci sono prove del fatto che il rapporto non sia stato consensuale». A parlare di un rapporto consumato nella mansarda è stato uno dei coindagati, Antony Anyanwu, «ma lo fa per la prima volta solo al quarto interrogatorio, il 31 luglio, prima non aveva mai detto nulla».

Matraxia ha anche ribadito quanto affermato dal medico legale Mauro Bacci: le arterie intercostali scorrono in una zona protetta, e non avrebbero potuto essere raggiunte dalle coltellate. E ulteriori analisi sulle cellule vicine alle ferite avrebbero potuto stabilire se Pamela (foto) le avesse ricevute da viva o meno». L’avvocato Gramenzi ha invece puntato l’attenzione sul collaboratore di giustizia Vincenzo Marino, che alla procura ha parlato del rapporto sessuale che Oseghale avrebbe avuto con la ragazza nella mansarda, dopo che lei aveva preso l’eroina. Il legale ha ricordato i benefici economici e carcerari che derivano dal programma di protezione, nel quale Marino vuole rientrare. Ha ricordato i suoi numerosi precedenti penali con la criminalità organizzata, ha prodotto numerose sentenze della Cassazione su processi nei quali aveva testimoniato.

«Quando il tribunale segue la versione di Marino, la Cassazione annulla la sentenza, quando non la segue la conferma, è ritenuto inattendibile. Ha ironizzato su quanto e come Oseghale e Marino potessero parlare in carcere, detenuti in celle diverse, discutendo anche di dettagli sul macabro omicidio e sulla mafia nigeriana. «Abbiamo commesso un errore lasciando a Oseghale i documenti del processo – ha aggiunto –. L’informazione sui nei di Pamela, usata per dimostrare che Marino dice la verità, risulta da una cartella clinica della comunità che era agli atti».

Sull’overdose, Gramenzi ha ricordato che l’eroina era ancora nel sangue, stava facendo effetto: «Non si può escludere la morte per overdose, o che Oseghale l’abbia creduta morta». Per questo il difensore ha concluso chiedendo l’assoluzione per la violenza sessuale, di cui non ci sarebbe alcuna prova, l’assoluzione dall’accusa di omicidio o in subordine la derubricazione in morte come conseguenza di altro reato.