La prima donna vigile del fuoco a Macerata: "È un sogno, i miei bimbi orgogliosi di me"

La 34enne Lucia Soldini ha vinto il concorso dopo la laurea in Design: nessun pregiudizio dai colleghi, ma la gente deve ancora abituarsi

Da sinistra: Lucia Soldini con i colleghi Mauro Ansovini, Giacobbe Gasparrini, Andrea Bianchi e il capo reparto Enrico Maiolati

Da sinistra: Lucia Soldini con i colleghi Mauro Ansovini, Giacobbe Gasparrini, Andrea Bianchi e il capo reparto Enrico Maiolati

Macerata, 4 febbraio 2023 – È la prima vigile del fuoco donna permanente a Macerata. La 34enne Lucia Soldini, mamma di due bambini di 8 e 10 anni, ha inseguito fin da piccola il suo sogno. Fin da quando, andando a piedi al Sasso d’Italia con i cuginetti, passava i pomeriggi a guardare dall’alto i pompieri.

La casa della nonna era vicino alla caserma. Dopo il diploma all’istituto per geometri "Bramante" di Macerata (città in cui è nata e tuttora risiede) e la laurea in Design all’Isia di Pescara, ha aspettato con pazienza il concorso pubblico per vigili del fuoco. Tra duri allenamenti e sacrifici, lavorando contemporaneamente come responsabile di un ristorante a Montefano ("Nel frattempo – dice – mi serviva un’occupazione"), ce l’ha fatta. "Facevo le trazioni sullo stipite tra la sala e la cucina – racconta Lucia – e correvo con il passeggino per il riscaldamento. I miei figli mi hanno capita, hanno compreso l’importanza di portare avanti un sogno". Il 3 ottobre scorso è stata assegnata al comando provinciale di Macerata. É in servizio al distaccamento di Tolentino.

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Lucia, perché voleva diventare vigile del fuoco?

"È un sogno da bambina, un pallino fisso. Vedevo la figura del pompiere pronta a soccorrere gli altri, attiva. Io sono da sempre una sportiva. Non ho intrapreso la carriera militare perché avrei dovuto portare un’arma e questo non rispecchiava la mia identità. Subito dopo il diploma (geometri mi ha dato una buona base per conoscere materiali, costruzioni ecc.) ho cercato di fare il concorso per vigili del fuoco; era il 2008, purtroppo l’iscrizione era scaduta e mi è stato sconsigliato di presentarmi come volontaria. Ho partecipato al concorso nazionale del 2016. Nel frattempo mi sono laureata in Design e sono diventata mamma di due bambini. Mi sono allenata tanto per raggiungere standard elevati nelle prove fisiche: da ragazza avevo fatto ginnastica artistica e acrobatica, ma come nuoto e trazioni partivo da un livello piuttosto basso. La laurea in design non contava come titoli e non avevo la patente del camion. Quindi dovevo ottenere per forza un punteggio alto. I sacrifici sono stati tanti. Ma ho avuto il prezioso sostegno dei miei genitori, due nonni fenomenali".

Quando il sogno è diventato realtà?

"Il 15 dicembre 2021 ho messo la firma e il 28 dicembre dello stesso anno ho iniziato il corso per vigile del fuoco permanente. I primi nove mesi si sono svolti tra Roma e Senigallia, tornavo a casa solo nei fine settimana; si tratta di un corso molto performante, insegna le varie funzioni, prepara tutti bene e allo stesso modo. Il mio attuale compagno è stata una buona spalla. Su circa 700 partecipanti, solo in dieci eravamo donne. Con me c’era un’altra marchigiana, l’anconetana Elisa Morici (ora in servizio a Belluno). Il giuramento a Roma è stato emozionante".

Ha avuto a che fare con i pregiudizi?

"Con i colleghi no. Sono stata accolta benissimo da tutti. La situazione all’inizio è stata buffa e tenera: in mia presenza cercavano di non parlare di donne e pallone, poi si sono "rilassati". Ora mi sento come in famiglia. Forse è più all’esterno, nell’immaginario collettivo, che le persone ancora devono farci l’occhio, come se una donna che usa la scala o la motosega quando ci sono altri uomini presenti, sia una cosa strana, quasi una mancanza di galanteria (sorride, ndr). Non sono stata comunque l’unica new entry, insieme a me sono arrivati anche altri nuovi vigili del fuoco".

Il servizio che finora l’ha più colpita?

"L’incendio alla Rimel: è stata la prima volta che ho assistito al lavoro di squadre da tutta la provincia, Macerata, Visso, Apiro. Una grande collaborazione, comunicazione e organizzazione interna; ognuno sapeva il proprio ruolo e compito, anche chi si vedeva per la prima volta, seguendo le procedure".

Cosa le piace di più della sua professione?

"Il fatto che sia un servizio alla pubblica utilità. Una missione. È bello portare soccorso e aiuto a chi ha bisogno. E poi è un lavoro dinamico".

Come ci si sente a fare da apripista?

"È una responsabilità, un’immagine che resta per le colleghe che verranno dopo. É uno stimolo a crescere sempre di più, a migliorami. Per diventare vigile del fuoco serve tanta passione: bisogna studiare, sapersi mettere in discussione. Papà, quando mi vede in divisa, ancora si commuove. E i miei bambini sono orgogliosi, ne parlano con gli amichetti e giocano a fare i pompieri. Ma da grandi è giusto che facciano quello che si sentono di fare e siano contenti. A una donna che vuole diventare pompiere direi di non porsi limiti. Le cose arrivano senza pensarci troppo".