Via i profughi da Macerata, stop dagli altri sindaci. "Siamo al limite, non c’è posto"

Proteste dopo lo spostamento in provincia dei migranti di Macerata. I primi 114 richiedenti asilo già trasferiti, altri 30 la prossima settimana

Alcuni migranti ospiti del Gus durante una lezione di italiano (foto d’archivio)

Alcuni migranti ospiti del Gus durante una lezione di italiano (foto d’archivio)

Macerata, 19 maggio 2018 - È tutto pieno nei Comuni della provincia: i sindaci tengono a sottolineare che non possono accogliere più migranti di quanti ne hanno già. Questo, dopo che Macerata ha attivato la clausola di salvaguardia incrementando da 110 a 139 i posti Sprar (sistema protezione richiedenti asilo e rifugiati) e stoppando i profughi Cas (centri accoglienza straordinaria) che ora vengono redistribuiti nei paesi della provincia in base alle disponibilità. Una buona parte dei trasferimenti è già avviata: per ora 114 sono stati spostati da Macerata su 259 totali. «Quello che sta accadendo nella nostra provincia è l’esempio del fallimento del sistema d’accoglienza – dichiara Francesco Acquaroli, sindaco di Potenza Picena, comune con 21 posti –. Sono sempre stato scettico, e infatti come Comune non abbiamo mai attivato lo Sprar. L’accoglienza qui è affare tra privato e associazione, e il Comune non si può opporre».

«Il Comune viene informato quando l’accoglienza è già stata attivata – spiega Leonardo Catena, sindaco di Montecassiano –, in 50 sono sistemati all’hotel Recina. Noi avevamo chiesto al prefetto una riduzione. Mi rendo conto però che col terremoto non si può andare a chiedere un ulteriore sforzo ai paesi nel cratere. Certo, comunque, è che non abbiamo ulteriori posti». Unico Comune che fa eccezione è Recanati, che è stato tra i primissimi ad aderire allo Sprar: ma il sindaco Francesco Fiordomo specifica di aver chiesto subito la clausola di salvaguardia, stoppando così ogni possibile arrivo dei Cas. «Più volte ho fatto presente in prefettura che Recanati ha già dato – sottolinea –, lo Sprar conta 23 posti e gli ospiti sono in appartamenti in varie zone, siamo per l’accoglienza diffusa contro ogni tipo di ghetto. Qui sta funzionando molto bene, grazie a stage e integrazione linguistica». 

«Abbiamo 17 profughi, in albergo – dice Luisella Tamagnini, sindaco di Pioraco –, prima erano 25. Quanto al trasferimento dei Cas da Macerata ad altri Comuni, trovo sia una cosa ridicola, spostarli da qui a lì non cambia nulla. Non si sta facendo una politica dell’accoglienza adeguata». I numeri più grandi di posti a bando sono a Loro Piceno (110) e Treia (111). «Non saprei dire se ne hanno portato qualcuno da Macerata – spiega il sindaco di Treia, Franco Capponi –, nei Cas c’è una rotazione continua. Si era arrivati a quasi 200 presenze, abbiamo ridotto i posti della metà, e così è sopportabile. Stanno tutti in un agriturismo. Intanto abbiamo iniziato a multare e sequestrare le bici non a norma dei migranti, e abbiamo chiesto al Gus di comprare quelle con luci davanti e dietro, ne consegniamo 10 mercoledì».

«Da noi stanno tutti all’hotel Le Grazie – sottolinea Ilenia Catalini, sindaco di Loro Piceno –, ricevo aggiornamenti costanti sul numero degli ospiti, che oscilla di solito tra i 99 e i 107, se poi ci sono posti liberi tra quei 110 e ci stanno mettendo i migranti che spostano da Macerata questo io non saprei dirlo». E Catalini ricorda che, al momento della scadenza del progetto Sprar, ha deciso di non rinnovare la convenzione: «Stavano nel centro storico – spiega – e di certo non era la situazione ideale per i cittadini». Giuseppe Pezzanesi, sindaco di Tolentino, dove alloggiano 68 migranti, sottolinea: «Anche se si dovesse liberare qualche posto di questi, non ce ne mandino di nuovi, siamo al completo».

E Ubaldo Scuppa, sindaco di Apiro, ricorda: «Qualche anno fa volevano portare in paese 60 profughi a nostra insaputa, non li abbiamo fatti andare nell’albergo che era in disuso e non sicuro. Ora abbiamo nove migranti, a Frontale. Spero che il prefetto rispetti il codice etico che ci eravamo dati, noi non li allontaniamo, pure se dopo il terremoto potremmo, però non ce ne devono mandare altri».