Niente risarcimento dopo la morte, "L’ultimo oltraggio a mio figlio"

Roberto Mozzoni venne investito e ucciso in Romania, l’ira del padre

Giancarlo Mozzoni, papà della vittima (foto Calavita)

Giancarlo Mozzoni, papà della vittima (foto Calavita)

Macerata, 18 giugno 2017 - Sono passati 10 anni da quando Roberto Mozzoni rimase ucciso in un incidente stradale in Romania, ma da allora nessun risarcimento è stato mai riconosciuto ai suoi familiari in Italia, i genitori, il fratello e la sorella, e un figlioletto che all’epoca aveva pochi anni. Per questo ora il padre, Giancarlo, sta cercando di attivarsi attraverso le autorità italiane e romene per capire cosa sia successo. L’incidente avvenne il 7 gennaio 2007. Roberto Mozzoni, di 33 anni, originario di Treia, era andato a Brasov, in Transilvania, con la compagna che voleva passare qualche giorno con i suoi. Ma lì, la ragazza aveva voluto incontrare un ex fidanzato, Razvan Baican, per chiedergli di restituirle 4mila euro. Nacque un litigio, Baican fece salire in auto la ragazza e partì di corsa, Mozzoni provò a fermarlo ma venne investito, e purtroppo per lui non ci fu nulla da fare. Nell’ottobre del 2010, Baican è stato condannato a cinque anni di reclusione per omicidio colposo, e a risarcire con 28mila euro il padre Giancarlo, e con 35mila il figlioletto. La somma era molto bassa, e comunque neppure un euro è mai stato versato da allora ai familiari. Per questo ora il padre di Roberto sta tentando il possibile: «Devo farlo per mio nipote, che ha perso il padre e ha diritto a essere risarcito». Mozzoni, che tra l’altro ha anche perso la casa dove si era trasferito, a Tolentino, a causa del terremoto, è distrutto dalla perdita del figlio, fatica a trattenere le lacrime, ma non può arrendersi.

 «Nono ci hanno mai riconosciuto nulla per la morte di mio figlio. Ma non posso fare finta di nulla, perché mio nipote ha diritto a essere risarcito per la perdita del padre». Giancarlo Mozzoni, treiese poi trasferito a Tolentino con la famiglia, è amareggiato e offeso per quello che considera un ultimo oltraggio alla vita del suo ragazzo. «Il tribunale ha condannato nel 2010 l’uomo che, ubriaco, lo ha investito, e che avrebbe dovuto risarcirci. La somma prevista era molto bassa, ma l’avvocato Renato Coltorti ci ha spiegato che era stata calcolata su parametri romeni, anche se a me sembra un’assurdità visto che mio figlio era italiano».

Voi avevate seguito il processo per l’investimento?

«Certo, con l’assistenza di un avvocato del posto che ci era stato suggerito dall’ambasciata italiana, consigliato come il migliore. Ci siamo fidati, ma alla fine non abbiamo ottenuto nulla».

Avete sollecitato l’assicurazione romena?

«Certo. Periodicamente il mio avvocato scriveva per non farci decadere dal diritto al risarcimento, ma non abbiamo avuto risposte. Abbiamo chiesto chiarimenti all’ambasciata, ma non siamo riusciti a capire cosa fosse successo. Alla fine siamo andati dal prefetto Roberta Preziotti, che è stata gentilissima ed efficacissima. E’ riuscita a scoprire che al tribunale di Brasov risultava che noi non ci eravamo attivati, e dunque avevano pensato non ci interessasse, e che ormai il diritto era prescritto; invece all’assicurazione la somma risulta sia stata pagata, per loro è tutto a posto. Allora abbiamo ricontattato l’avvocato in Romania, senza però riuscire a capire come siano andate le cose, e dove siano finiti quei soldi».

Avete provato a fare una causa civile in Italia?

«Ci siamo informati, ma l’avvocato Coltorti ci ha spiegato che nel caso il giudice ci desse torto, dovremmo pagare anche le spese. Questo sarebbe un problema per me, visto che la vicenda mi è già costata molto: ho speso migliaia di euro in pratiche, spese di trasporto della salma, avvocati e notai in Romania. Non posso permettermi di rimetterci ancora. Però non posso neanche lasciar correre così».

Per desiderio di vendetta?

«No, anche se può sembrare strano ho perdonato quell’uomo, è stato necessario per me, per andare avanti, perché nutrire odio avrebbe significato non vivere più. Voglio solo quello ci spetta per aver perso Roberto, che era mio figlio, un ragazzo straordinario, e che era a sua volta padre di un bambino. Mio nipote ha il mio cognome, e anche se ora purtroppo non lo vedo, non dimentico che fa parte della nostra famiglia».

Cosa pensa di fare ora, per far valere i vostri diritti?

«Torneremo in Prefettura, ricontatteremo l’ambasciata e valuteremo la causa civile all’assicurazione. Voglio capire se qualcuno si è preso i nostri soldi, voglio capire cosa sia successo e da un paese civile e membro dell’Unione europea come la Romania mi aspetto che ci sia la collaborazione cui abbiamo diritto. Non possono trattarci così dopo quello che ci è successo, non possono ignorare i nostri diritti».