LUCIA GENTILI
Cronaca

Samuele, il frate medico: “Dal pronto soccorso alla vita in parrocchia, ho trovato la mia strada”

Il cinquantenne di Loreto, Samuele Casali da sei anni ai Cappuccini di Macerata. “All’inizio ho lottato con Dio sul ring, ma poi ho seguito la chiamata. Ha inciso molto la morte a 27 anni del mio allenatore di volley”

Fra Samuele Casali con un confratello ai Cappuccini di Macerata

Fra Samuele Casali con un confratello ai Cappuccini di Macerata

Macerata, 1 giugno 2025 – Da medico a frate. È la storia di fra Samuele Casali, cinquantenne di Loreto, approdato da quasi sei anni nella chiesa dei Cappuccini a Macerata. Nell’ottobre 2003 si è laureato in Medicina all’Università Politecnica delle Marche, ad Ancona, e il mese successivo ha preso l’abilitazione. Ma già il 4 agosto era entrato in convento al Centro di pastorale giovanile e vocazionale dei frati cappuccini delle Marche, a Civitanova Alta. “A metà percorso universitario, nel 2000, ho iniziato il cammino di conoscenza e discernimento in quella che sarebbe stata la mia strada – spiega fra Samuele –, il senso che volevo dare alla mia vita. Anche se all’inizio ho lottato sul ring con nostro Signore…”. Il filo sotteso tra medicina e teologia è stato comunque una costante. Non a caso il suo principale servizio ora è nell’infermeria dei Cappuccini, dove si prende cura di nove confratelli ammalati.

Fra Samuele, che ragazzo è stato?

“Sono cresciuto in una famiglia umile e genuina. I miei genitori avevano una piccola azienda agricola e io, con mio fratello e mia sorella, li aiutavo nel loro lavoro. Lo sport è stato altrettanto importante per formare la mia capacità di relazione e la rete di amicizie: ho giocato a pallavolo a livello agonistico dai 17 ai 25 anni. E, anche attraverso il volley, il Signore mi ha indicato la sua strada: la morte improvvisa del mio allenatore e caro amico Massimo Serenelli all’età di 27 anni, nel 1999, ha inciso profondamente sul bisogno di dare risposte alle domande che portavo nel cuore. Sul fronte studi, dopo l’istituto tecnico industriale a Recanati, ho scelto di fare il test per entrare alla facoltà di Medicina”.

Come mai?

“Sapevo di non aver dato il massimo alle superiori. Mia cugina mi ha dato l’idea, ci ho provato: nonostante fossi uscito dall’istituto tecnico con un voto basso, ho fatto un buon test di ammissione: sono arrivato 141°, venivano ammessi solo i primi 130, ma dopo una settimana sono stato ripescato. Mi sono laureato con una tesi in pediatria”.

Ha esercitato la professione?

"Ho superato l’esame di abilitazione ma non ho preso la specializzazione. Due le esperienze sul campo: tirocinio al pronto soccorso di Recanati e volontariato in una casa psichiatrica”.

È stato fidanzato?

“Da ragazzo mi immaginavo con una famiglia numerosa. Ho avuto brevi periodi di fidanzamento. Brave ragazze, alle quali sono grato. Ma molto probabilmente già allora il Signore Gesù mi stava chiamando ad altro”.

Quando ha capito di voler cambiare vita?

“Sono diventato frate grazie a dei ‘messaggeri’ mandati dal Cielo. Non la chiamerei conversione, ma riscoperta di ciò che nonni, genitori, educatori, sacerdoti avevano già messo nel mio cuore. Le prime risposte alle domande sono arrivate nel 2000 da padre Michele Peirano (frate cappuccino missionario, conosciuto come ‘padre Mike’, morto nel 2001 a soli 56 anni). L’ho conosciuto in basilica, a Loreto. È stato lui a consigliarmi di finire comunque gli studi. Nel 2000 ho fatto anche il mio primo viaggio missionario in Africa, in Benin; il secondo invece è avvenuto appena ordinato sacerdote, in Etiopia. Fin da piccolo dicevo di voler aiutare i bambini”.

Come è arrivato a Macerata?

“Dopo il primo anno a Civitanova, il postulato a San Severino, il noviziato a Camerino (dove ho indossato per la prima volta l’abito cappuccino), il post noviziato ad Assisi, Spoleto e Foligno, nel 2012, terminato il percorso di formazione, sono arrivato a Loreto: mi occupavo soprattutto di accoglienza di pellegrini e confessioni. Arrivavano persone da tutta Italia per riconciliarsi con Dio. Poi sono stato al centro missionario di Recanati, viceparroco a Montemorello (nella chiesa dove fu battezzato Giacomo Leopardi) e infine a Macerata. Siamo 14 frati: il parroco, fra Claude, ha 49 anni ed è il più giovane, mentre il più grande ne ha 97. Ci aiutiamo molto fra noi, col supporto di un medico curante”.

Oltre ai religiosi, anche i laici le chiedono consigli di salute?

“Sì spesso, sono a disposizione, mi aggiorno ma non ho le competenze necessarie… li rimando ad amici medici”.

Crisi delle vocazioni. Come invertire la tendenza?

“Il problema è più dei Paesi occidentali, di Europa e Nord America, perché ad esempio in India, Africa e Sud America c’è stato un grande aumento. Ma non è tanto una questione di numero. Bisogna ripartire dalla connessione con Colui che ci dà la vita. La stessa cosa vale per i matrimoni”.

Quali sono le analogie tra teologia e medicina?

“Per entrambe è importante custodire la vita umana e accompagnarla. Dio ci ha fatto così bene, corpo, mente e spirito. La bioetica oggi mi coinvolge molto (il titolo della tesi in teologia è stato ‘La bioetica del fine vita: tra narrazione dei mass media e ricerca oggettiva del Bene’)”.

Ha mai pensato come sarebbe andata se fosse rimasto medico?

“Ci ho pensato tante volte. Penso sia naturale. Ma sono felice di quello che sto vivendo. E sono certo di una cosa: se anche avessi sbagliato tutto nella vita, so che alla fine mi aspetta l’abbraccio del Padre, di Dio Salvatore”.