San Giovanni è il nostro "cupolone"

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Pierfrancesco

Giannangeli

Èstata, ieri a Macerata, la giornata dell’incontro tra mondo religioso e mondo laico, nel segno di San Giovanni. Nel senso della chiesa, che è stata restituita al culto e alla città dopo il restauro e dopo molti anni di chiusura, addirittura venticinque, che poi è la bellezza di un quarto di secolo. A completare la festa, nelle stesse ore, dal Vaticano è arrivata la notizia che proprio ieri mattina Papa Francesco aveva messo la sua firma sul decreto di venerabilità relativo a padre Matteo Ricci, passo determinante verso la beatificazione. È stato quindi un giorno importante anche nella significativa storia secolare dei Gesuiti, perché San Giovanni passò nel 1562 proprio ai padri della Compagnia di Gesù fondata da Sant’Ignazio da Loyola – dopo che il complesso, nel XIII secolo, aveva ospitato l’Ospedale dei Cavalieri di Rodi con l’annessa chiesa dei Gerosolimitani – e padre gesuita era il maceratese Matteo Ricci, che proprio da qui mosse i primi passi, quelli che poi lo portarono al suo impegno in terra cinese. Per inciso, Papa Bergoglio è il primo pontefice che arriva dalle file dei gesuiti. Una regia perfetta, che il segretario generale della Diocesi, don Gianluca Merlini, ha chiamato "Provvidenza". San Giovanni, dunque, torna a essere la chiesa amata dai fedeli e ritorna ad animarsi, metaforicamente, anche la sua cupola, che è da sempre l’elemento che cattura lo sguardo nella skyline della città. Non lo Sferisterio, non la torre civica, non altre architetture che solo un occhio allenato può distinguere a distanza. È invece quello di San Giovanni il nostro cupolone, il faro che avverte i maceratesi che casa è vicina e la meta è raggiunta. Insomma, è una parte di noi. A incrinare l’antica ossatura della chiesa non è stato l’ultimo terremoto, ma fu quello precedente, nel 1997. Che il suo ritorno allo splendore che le appartiene sia un segno di rinascita per l’intero nostro territorio.