"San Giovanni riabbraccia i maceratesi"

La chiesa sarà aperta il 17 dicembre. Il vescovo Marconi: "Sembrava una ’mission impossible’, chi ha lavorato merita la laurea honoris causa"

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"San Giovanni è la chiesa del popolo perché basta aprire la porta e lei ti apre le braccia. In vista dell’inaugurazione abbiamo previsto diversi appuntamenti e il 17 dicembre ci saranno tante autorità, ma anche i cittadini che vorranno vivere questo momento storico e contemplare in anteprima la bellezza della nostra chiesa. Ma ho chiesto che si riservassero dei posti per chi ha operato materialmente su San Giovanni, dai tecnici agli operai. Perché in questo cantiere ha lavorato un magistero del lavoro che meriterebbe la laurea honoris causa". E’ il vescovo Nazzareno Marconi a raccontare l’importante lavoro di squadra che, il 17 dicembre alle 10.30, porterà la città a riappropriarsi di un suo edificio simbolo: la chiesa di San Giovanni.

"Ho seguito tutti i giorni il cantiere e un paio di volte sono anche entrato – ha svelato il sindaco Sandro Parcaroli -. La chiesa è immensa, bellissima". "Il restauro di San Giovanni è un’eccellenza – ha aggiunto Rosaria Del Balzo Ruiti, presidente della Fondazione Carima che ha sostenuto il progetto -, è la ricostruzione di una comunità cittadina che tornerà a vivere momenti importanti in un luogo straordinariamente bello". Un’attesa lunga 25 anni perché la storia della chiesa seicentesca è stata segnata dai terremoti, a partire da quello del 1997 che portò alla sua chiusura. "Per 25 anni le impalcature dei primi interventi hanno ricordato che i lavori di restauro non erano ancora terminati – ha ricordato il vescovo -. Nel 2016 un altro sisma ha aggiunto danni su danni, ma le nuove ordinanze emanate sulla ricostruzione inizialmente non permettevano di intervenire su una chiesa già inagibile. Spesso si dice che gli italiani danno del loro meglio nelle situazioni difficili, forse è vero e questa è stata una di quelle". La testardaggine, o la tigna tutta maceratese, infatti, ha permesso di superare la burocrazia, grazie a un dialogo che la Diocesi aprì nel 2018 con la Regione. "Parlando di questo progetto di restauro con l’amministrazione Ceriscioli, nacque l’ipotesi di farne un ’edificio simbolo’, attingendo a fondi comunitari destinati alla valorizzazione e messa in rete del patrimonio culturale – ha aggiunto monsignor Marconi -. Eravamo nel luglio 2018 e prima del nuovo anno avremmo dovuto definire il progetto secondo le specifiche del bando europeo e soprattutto trovare l’appoggio e il consenso non solo della Regione, ma anche la partnership del Comune, guidato dal sindaco Carancini e l’appoggio delle principali istituzioni. Sembrava una prima ’mission impossible’, ma era evidente che dall’alto qualcuno ci aveva a cuore. Così giungemmo alla firma dell’accordo tra Regione e Diocesi il 28 dicembre 2018". Da quel momento è stata una corsa contro il tempo, sostenuta come ha ricordato il vescovo anche dalle nuove amministrazioni regionale e comunale, arrivata nel settembre dello scorso anno all’apertura del cantiere.

I lavori, per un importo di 3,2 milioni, sono stati eseguiti dal raggruppamento di imprese composto da Edil 93 srl, Eures Arte srl, Eredi Paci Gerardo e diretti dall’architetto Michele Schiavoni. "Quello di San Giovanni è un restauro storico – ha concluso il soprintendente Giovanni Issini -, in cui il desiderio di riappropriarsi di questo bene è stato il motore di tutto".