Sempre più avvocati lasciano la toga "La professione non è più appetibile"

Quest’anno sono già 72 i legali che si sono cancellati dall’albo provinciale. Si tratta soprattutto di donne. La presidente Ottavianoni: "Per molti è impossibile proseguire con un’attività non abbastanza redditizia"

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di Paola Pagnanelli

Dal primo gennaio di quest’anno, 72 avvocati si sono cancellati dall’albo provinciale. Si tratta di 28 maschi e 44 femmine. Il dato è in linea con quello nazionale e coerente con quanto avvenuto anche l’anno scorso, quando in tutta Italia quasi cinquemila professionisti hanno deciso di dire addio alla toga. "I dati a livello nazionale segnalano un aumento delle cancellazioni – conferma la presidentessa del consiglio dell’Ordine forense, Maria Cristina Ottavianoni –. Il fenomeno purtroppo è legato a due motivi. Il primo dipende dalla crisi della professione e dall’incapacità dei soggetti più deboli di proseguire con una attività non abbastanza redditizia. Il secondo invece fa riferimento al nuovo ufficio del processo e a una serie di concorsi che ci sono stati e che sono in programma, che hanno assorbito molti iscritti a disposizione. L’avvocatura di fatto non è più appetibile".

La scorsa estate 12 avvocatesse hanno detto addio alla professione per entrare nell’organico del tribunale: si trattava di persone tra i 40 e i 50 anni, in alcuni casi con una attività avviata. Il dato eclatante è che erano tutte donne. "Purtroppo si sa che mancano i servizi, e questo rende molto difficile conciliare una professione con le altre esigenze, l’organizzazione è lasciata del tutto al singolo, alla sua famiglia e alla sua capacità economica – prosegue l’avvocato Ottavianoni –. Inoltre, la professione per le donne è meno redditizia dal punto di vista economico: le stime nazionali rivelano che le avvocatesse guadagnano in media meno della metà dei colleghi maschi".

"In una situazione come questa – aggiunge la presidente dell’Ordine –, la pubblica amministrazione diventa una opportunità da cogliere, perché offre orari certi di entrata e di uscita, che consentono di organizzarsi meglio per gli altri impegni familiari. Chi poteva sfruttare questa possibilità, l’ha fatto, scegliendo il pubblico o anche il privato. E invece prima avveniva proprio il contrario: il posto pubblico era un momento di passaggio prima di avviare l’esercizio della professione". Il fenomeno, spiega la presidentessa dell’Ordine, è comune a tutte le libere professioni, "e in modo particolare per le donne, non si è trovata una soluzione socio-economica. Noi vediamo che nelle attività legate alla pubblica amministrazione, dove l’utente non sceglie, o ad alta professionalità come la magistratura, il numero delle donne è via via molto aumentato raggiungendo o anche superando quello degli uomini. Ma ai vertici ci sono ancora gli uomini, dove c’è il potere ci sono gli uomini".

"Sulle donne e sulla loro carriera incide ancora la famiglia – conclude la Ottavianoni –, vista come una questione del singolo e non come un tema che riguarda tutta la società". Sulla parità di genere, l’impressione è che si stia retrocedendo e non migliorando, "come avviene nei momenti di crisi, in cui si fa quadrato per difendere il proprio territorio".