di Chiara Marinelli
Un gruppo di persone residenti in diverse regioni d’Italia si sarebbe accanito contro un insegnante di danza recanatese, diffamandolo e insultandolo con offese pesanti a sfondo sessuale per mesi, anche sul social network Whatsapp, additandolo addirittura come sieropositivo. Sette le persone che erano finite sotto accusa per il reato di stalking. Ieri mattina si è tenuta l’udienza in tribunale, davanti al giudice Claudio Bonifazi che ha riunito due procedimenti aperti sulla vicenda.
Alla fine per tre persone e cioè Fabrizio Pavone residente a Spoltore, Dario Cioppa di San Pietro in Casale e Orazio Rusponi di Varese, il giudice ha disposto il rinvio a giudizio, il processo si aprirà il 7 gennaio. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Luciano Pacioni e Renato Di Benedetto. Per Giuseppe D’Aurelio di Lecce invece, anche lui accusato in un primo momento, è stato disposto il non luogo a procedere (è difeso dall’avvocato Giuseppe Caruana). Infine altri tre imputati, Diego Amalberti di Bordighera, Massimo De Angelis di Roma e Giuseppe Pellegrino di Milano, difesi dall’avvocato Martina Mogetta, sono stati assolti per non avere commesso il fatto.
I fatti risalgono al 2021. Il ballerino avrebbe scoperto che su WhatsApp erano aperte delle chat con numerose persone, anche più di cento, nelle quali lui veniva preso di mira e insultato. In una occasione, in particolare, secondo l’accusa, sostenuta in aula dal pubblico ministero Stefania Ciccioli, la vittima sarebbe stata accusata di essere sieropositiva, e di aver attaccato il virus a un ragazzino con cui avrebbe avuto rapporti sessuali. Offese analoghe sarebbero arrivate anche ai colleghi della parte offesa, costretta a vivere nel terrore delle conseguenze che queste diffamazioni avrebbero potuto avere sulla sua vita privata e lavorativa. E poi ci sarebbero state continue chiamate telefoniche, anche con terzi chiamati a sentire le accuse e le offese indirizzate contro di lui. Il ballerino e maestro di danza sarebbe stato coinvolto in queste chat, senza che lui capisse chi fossero quelle persone che ce l’avevano con lui, e per quale motivo. Alla fine, preoccupato ed esasperato, si era rivolto ai carabinieri.
La vittima nel processo si è costituita parte civile ed è difesa dall’avvocato Eva Torresi.