ASTERIO TUBALDI
Cronaca

"Suolo pubblico, una maxi tegola"

Protesta dei commercianti sul regolamento per l’occupazione: "Costi alti e troppa burocrazia. È da cambiare"

La sistemazione di una pedana fuori da un locale

La sistemazione di una pedana fuori da un locale

A Recanati, sedersi a un tavolino all’aperto per gustare un caffè o un piatto di cucina locale è sempre più un privilegio non solo per i clienti, ma anche per chi quei tavolini li gestisce. Il nuovo regolamento comunale sull’occupazione del suolo pubblico, in vigore dal 2023 (amministrazione Antonio Bravi), che l’amministrazione attuale promette di rivedere, sta facendo infuriare molti esercenti del centro storico. Le lamentele riguardano soprattutto le concessioni temporanee - come quelle utilizzate in primavera e in estate per i dehors - che paradossalmente risultano più costose rispetto a quelle permanenti. "Se chiedi un’autorizzazione annuale e non te la danno, sei costretto ad accontentarti di quella stagionale e a pagare di più", lamenta un ristoratore del centro. E il paradosso è servito anche perché c’è chi ottiene la concessione per l’intero anno, e quindi paga un canone ridotto, seppur utilizza lo spazio pubblico solo nel periodo estivo. Fino all’anno scorso, inoltre, il pagamento del canone avveniva a consuntivo: prima si lavorava, poi si pagava.

"Oggi, invece – sottolinea il gestore di un pub del centro storico –, il Comune esige il pagamento anticipato e se non si salda tutto subito, niente autorizzazione. Rate? Solo per chi ha la concessione annuale e quindi chi lavora solo d’estate paga di più e deve anticipare tutto e spesso si ritrova con spese che rischiano di azzoppare la stagione prima ancora che inizi. "Io ho pagato 1.750 euro per sei mesi e mezzo, tutto anticipato, confessa un ristoratore. L’anno scorso potevo pagare a rate mentre oggi se non paghi tutto subito, non ti danno neppure il permesso. Sto spendendo quasi 7.000 euro per la pedana, più quasi 2.000 per l’autorizzazione. Così ci penalizzano e non ci aiutano". A peggiorare la situazione ci si mettono anche le limitazioni imposte dalla Sovrintendenza che spesso riduce gli spazi utilizzabili a tutela del patrimonio o, come è capitato al ristorante Skasa in via Calcagni, perché "disturbano le funzioni religiose della chiesa vicina".

I tavoli, spostati a distanza, hanno reso il servizio più complicato e meno efficiente e ora, oltre al danno, arriva anche la beffa: dover pagare di più e in anticipo per pochi tavoli e per pochi mesi. Stesso problema nella zona del Belvedere, dove anche il ristorante "A Silvia" deve affrontare condizioni poco favorevoli per l’installazione dei tavoli all’aperto. L’amministrazione si è detta disponibile a rimettere mano al regolamento riconoscendo alcune "incongruenze", ma intanto il nuovo sistema resta in vigore e i commercianti devono fare i conti con una burocrazia che sembra pensata più per complicare che per sostenere. Riusciranno a sopravvivere anche a questa stagione o sarà l’ennesimo ostacolo a un centro storico già abbastanza svuotato?