Spari a Macerata, le vittime di Traini hanno paura a uscire di casa

Altri due africani chiederanno di costituirsi parti civili. la psicologa: "Importanti danni emotivi, si sono riaccese paure legate alla permanenza in Libia"

Uno dei feriti a terra in corso Cairoli subito dopo il blitz  di Luca Traini, la mattina  del 3 febbraio scorso

Uno dei feriti a terra in corso Cairoli subito dopo il blitz di Luca Traini, la mattina del 3 febbraio scorso

Macerata, 1 maggio 2018 - Anche altri due africani, coinvolti nel raid xenofobo di Luca Traini messo in atto il 3 febbraio, chiederanno di costituirsi parti civili nel processo che prenderà il via il 9 maggio: si tratta di Mohammad Toure, 25 anni, e di Diabj Makan, 23 anni, entrambi del Mali. Toure, colpito alla regione toracica-addominale in via dei Velini, rimase ferito, fu operato e ricoverato per 16 giorni. Quella mattina Makan si trovava accanto a lui quando Traini gli sparò.

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I due, assistiti dall’avvocato Gianfranco Borgani e seguiti da una psicologa, si aggiungono a quelli che già avevano annunciato che si sarebbero costituitI parti civili: Jennifer Otioto, nigeriana, Wilson Kofi, del Ghana, Festus Omagbon, nigeriano, Omar Fadera, del Gambia.

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Giancarlo Giulianelli, legale di Traini, aveva annunciato un risarcimento per i feriti e i danni alle attività commerciali. «E noi ci eravamo detti disponibili – spiega Borgani –, ma siccome non è stato dato seguito alla nostra disponibilità ci costituiremo parte civile. Può servire anche come ristoro morale per i ragazzi. Se si viene feriti solo per il colore della pelle è legittimo pretendere un risarcimento per danni morali, oltre che materiali. Toure poi ha rischiato di non farcela, e dopo non ha più potuto lavorare. I due ancora non riescono a dare un senso a quanto è accaduto».

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La psicologa Maria Antinori nella relazione scrive che Toure vive «una fase di rimozione e negazione dell’evento», si concentra sulla salute fisica, con stati ansioso-depressivi legati al dolore fisico che ne compromettono il sonno e la ripresa delle normali attività quotidiane. «Toure svolgeva lavori, seppur di brevi periodi – scrive la psicologa –, che si è trovato costretto ad abbandonare per via della condizione fisica e della tipologia del permesso di soggiorno per motivi di giustizia». Ciò ha causato «un importante danno emotivo, considerando l’importanza della possibilità lavorativa dalla quale dipende quasi totalmente la costruzione di una vita diversa da quella che lo ha costretto a intraprendere il traumatico percorso migratorio. A questo si deve aggiungere la riattivazione di ricordi ed emozioni legati alla difficilissima e pericolosa permanenza in Libia».

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Makan ha chiesto subito un sostegno psicologico, il giorno dopo il raid: nella relazione sul 23enne, oltre a «disturbo da stress acuto», compaiono sintomi di intrusione (ricordi involontari dell’evento, sogni legati al trauma, flashback, sintomi dissociativi), di evitamento e di arousal (stato di eccitazione, maggiore vigilanza e pronta reazione agli stimoli esterni)». Makan «afferma che è quasi impossibile per lui uscire – si legge nella relazione – per l’elevata paura di poter essere di nuovo spettatore o vittima di episodi simili». Anche nel suo caso si sono riattivati i ricordi di quando era in Libia, con «gravi difficoltà emotive».

Non era possibile escludere la comparsa di un disturbo da stress post traumatico. «La giustizia deve fare il suo corso in modo rigoroso – dice Borgani –. Comunque Traini oltre a essere carnefice è anche vittima, un anello debole. Non credo nella sua incapacità ma credo che ci siano responsabilità morali da parte di chi, per anni, ha fomentato l’odio verso gli immigrati».

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