"Un nostro ospite positivo, ma nessuno ci ha avvertiti"

Coop Di Bolina, la denuncia del presidente Cioci: rischio contagio per altri utenti e operatori, ora siamo costretti a chiudere

Un utente della cooperativa Di Bolina è risultato positivo al tampone, ma nessuno lo ha avvertito, né ha informato la sua famiglia o la struttura. Così, per oltre dieci giorni, l’uomo ha continuato a frequentare gli spazi comuni con il rischio di infettare gli altri utenti e gli operatori. La denuncia arriva dalla cooperativa sociale di Treia che, per un "black-out" di comunicazione tra Asur, medico di base e paziente, ora rischia di diventare un focolaio del Covid. Tutte le 37 persone che frequentano la struttura, 26 disabili, 11 operatori e un coordinatore, infatti, adesso sono in attesa di conoscere gli esiti del nuovo giro di tamponi, effettuato dopo aver saputo la brutta notizia. "Da quando abbiamo riaperto dopo il lockdown effettuiamo tamponi mensili – spiega il presidente Matteo Cioci –. Così il 10 novembre abbiamo effettuato lo screening e, tre giorni dopo, i campioni sono stati esaminati. Le indicazioni che abbiamo avuto dall’Asur e dalle infermiere che hanno effettuato i tamponi erano che ognuno avrebbe dovuto contattare il proprio medico di base per i risultati, ma se nessuno ci avesse contattato entro 48 ore avremmo potuto considerare il tampone negativo". E nessuno è stato contattato fino al 23 novembre, quando un medico di base è andato a casa dell’utente, dicendo ai suoi familiari che avrebbero dovuto fare il tampone. Senza, però, dare altre spiegazioni, tanto che la famiglia ha chiamato la cooperativa per chiedere chiarimenti. Un fulmine al ciel sereno anche per la struttura che si è attivata chiamando il medico.

"Solo in quel momento siamo venuti a sapere che il nostro utente era risultato positivo al tampone del 10 novembre – aggiunge il presidente –. Dopo la comunicazione del medico, nessuno ci ha chiamato, anzi, siamo stati noi a chiamare l’Asur: un rovesciamento di competenze e responsabilità che ci lascia basiti. Il nostro utente era asintomatico, è venuto nella struttura tutti i giorni dove ha svolto le attività proposte secondo quanto previsto dal protocollo dell’Asur. Una delle criticità maggiori, però, è che le persone con disabilità sono esentate dall’uso della mascherina, per cui non la indossano sistematicamente o in maniera corretta continuativamente". E questo potrebbe aver scatenato un focolaio non solo nella struttura, ma anche tra i familiari degli utenti. "Per 13 giorni un utente positivo, seppur asintomatico, è venuto in struttura, senza che nessuno abbia avvertito noi, i familiari e senza che gli uffici competenti abbiano avviato le procedure di tutela. E questo ci sembra inammissibile – conclude Cioci –. Avevamo messo in conto che, dato l’indice di contagio, avremmo potuto avere un riscontro di uno o più positivi nello screening di novembre, ma in virtù delle indicazioni ricevute eravamo tranquilli e abbiamo rassicurato più di un genitore sulla "sicurezza" della nostra struttura". Ora in attesa dell’esito dei nuovi tamponi, gli operatori e gli utenti sono in autoisolamento e il centro è stato chiuso.