Un rito di purificazione. E i soldi spariscono

Condannata una recanatese: da sei persone aveva preso oltre un milione di euro. Assolti il padre e il marito.

Un rito di purificazione. E i soldi spariscono

L’avvocato Giada Micucci ha difeso due imputati

Facendo leva sulla fragilità emotiva di sei persone, era riuscita a convincerle di poter purificare il loro denaro e così si era fatta consegnare, in più tranches, titoli e contanti per un milione e 133mila euro. Quei soldi avrebbero dovuto essere riconsegnati una volta terminati i riti di purificazione, ma invece erano spariti. Per questo erano finiti sotto processo tre recantesi, Germana Rapaccini, di 64 anni, il padre Oliviero, 93 anni, e il marito della donna, Luciano Paccamiccio, 70 anni. Ieri, in tribunale a Macerata, è arrivata la sentenza. Il collegio dei giudici ha deciso per la 64enne recanatese, difesa dall’avvocato Simone Santoro, la condanna a due anni e due mesi, dopo aver derubricato il reato di cui era accusata, la truffa, in quello meno grave di appropriazione indebita. Oliviero Rapaccini, difeso dall’avvocato Giada Micucci, è stato assolto per non aver commesso il fatto. Assolto perché il fatto non sussiste anche Luciano Paccamiccio, anche lui difeso dall’avvocato Micucci.

I fatti erano avvenuti dal 2011 all’ottobre del 2018 a Recanati. Sei le vittime, uomini e donne di età diverse tra di loro, tutti residenti nella città leopardiana. Secondo l’accusa Germana Rapaccini aveva convinto, dopo aver carpito la fiducia delle sue vittime approfittando anche della loro fragilità e del loro fervore religioso, sei persone a farsi consegnare somme di denaro da loro possedute da sottoporre a dei riti di purificazione. Se non lo avessero fatto, ci sarebbero state varie conseguenze negative per loro e per i loro cari. Ammonta a 480mila euro la somma di denaro più alta consegnata per essere purificata, 430mila euro quella consegnata, invece, da una coppia. Quando i sei recanatesi avevano chiesto indietro i soldi purificati, era venuto fuori che le somme non c’erano più. Così erano partite le denunce ed erano cominciate le indagini da parte dei carabinieri, al termine delle quali i tre recanatesi erano finiti sotto accusa. Padre e figlia erano iomputati del reato di truffa, mentre il marito della donna era accusato di avere effettuato operazioni idonee a ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa del denaro.

Ieri nell’ultima udienza il pubblico ministero Rosanna Buccini ha chiesto la condanna a 4 anni per Germana Rapaccini e per il marito, e 4 anni il padre. I difensori hanno invece ridimensionato le responsabilità degli imputati, e alla fine solo la recanatese è stata ritenuta colpevole di appropriazione indebita.

Le vittime si erano costituite parti civili al processo, difese dagli avvocati Alessia Pepi, Andrea Tassi e Valeria Attili.

Chiara Marinelli