Macerata, 10 dicembre 2023 – "Vorrei solo che quello che è accaduto a mia sorella, a mio cognato e a mio nipote non finisse nel nulla, soprattutto ora che ho visto che è accaduto di nuovo". Così Carla Moretti parla per la prima volta di quanto accaduto a Eros Canullo, alla moglie Angela Maria e al loro figlio Alessandro, trovati senza vita nella villa di Santa Croce il 6 settembre 2021, a due mesi dalla morte. "Quando ho letto delle sorelle di Recanati – spiega Carla Moretti da Milano, dove vive con la sua famiglia – ho capito che le cose vanno ancora avanti così, i servizi sociali non intervengono e lasciano che ognuno si arrangi per i fatti propri". Il tribunale ha archiviato il fascicolo sulla morte della famiglia Canullo, ma i familiari hanno fatto un reclamo e ora il caso sarà riesaminato il 12 febbraio. "L’ultima volta che ho visto mia sorella è stato in occasione del funerale di nostra madre, a novembre 2020. Le avevo chiesto di non mandarmi sola, ma lei era a letto, per una caduta dalle scale di casa. Mio cognato non se la sentiva di preparare il figlio per uscire, e così non sono venuti. Dopo la funzione, sono passata a trovare mia sorella, loro non mi volevano ricevere ma ho insistito. Li ho visti in una situazione penosa".
Ha provato a convincerli a chiedere aiuto?
"Certo, ma volevano stare nel loro dolore. Finché hanno potuto hanno seguito il figlio, ma erano diventati anziani, non ce la facevano più. Ho mandato loro una donna per le pulizie, ma l’hanno mandata via. Penso siano andati sempre peggiorando".
Riusciva a parlare con sua sorella?
"Negli ultimi tempi no. Mi rispondeva mio cognato, mi diceva che lei non poteva alzarsi dal letto e quindi non poteva passarmela. Ho provato diverse volte, ho mandato anche un telegramma per chiedergli di farsi vivi, ma niente. Anche la mia famiglia mi diceva di lasciar perdere, perché probabilmente non volevano essere disturbati".
Dovevate anche decidere per la vendita della casa di vostra madre, vero? Era per quello che l’agenzia li aveva cercati.
"Sì, aspettavamo da Angela Maria una conferma che non arrivava mai. Al telefono continuava a rispondere mio cognato. L’agenzia sollecitava la nostra decisione. Ma non riuscimmo mai a procedere, lei era irraggiungibile e il marito era indeciso, e alla fine nostro fratello comprò la casa".
Era stato suo fratello a contattare i servizi sociali del Comune?
"Sì, dalla California aveva mandato un suo amico, affinché facesse presente la situazione. Poi lui avrebbe dovuto essere sentito con una videoconferenza, che però saltò. E così hanno lasciato perdere, come con la richiesta di aiuto di Alessandro".
Lei aveva segnalato le loro condizioni di difficoltà a qualcuno?
"Avevo scritto una mail al loro medico di famiglia, perché mi facesse sapere come stavano. Ma lui non aveva più visto mia sorella dopo la caduta dalle scale, e mi disse che comunque era tutto legato al dolore per il figlio".
L’incidente di Alessandro li aveva segnati profondamente.
"Moltissimo, sempre di più. Si erano disinteressati di tutto, seguivano solo Alessandro".
Suo nipote era in grado di uscire da solo? Poteva lasciare la villa per chiedere aiuto, il 29 giugno, quando il padre si sentì male?
"No, camminava male. Il padre lo accompagnava in centro in auto, per fare due passi. Ma non poteva andare fuori per chiedere aiuto. Era malato, immagino anche che non sia stato chiaro quando ha telefonato per chiamare i soccorsi nell’esporre la situazione familiare. Poi lui si innervosiva se non lo capivano subito. Tra l’altro, penso non stesse bene quando ha fatto quelle telefonate, dice che si sente svenire e forse poi era svenuto davvero, senza il sostegno del padre che lo aiutava molto".
Ora lei cosa vorrebbe?
"Quello che è accaduto è stato orribile. Dopo la loro morte in casa sono entrati i ladri, hanno messo tutto a soqquadro e hanno portato via la bellissima collezione di dischi di mio nipote; io avrei voluto donare quei dischi, in suo ricordo, invece non c’è rimasto niente. Ora spero solo che tutto questo non cada nel dimenticatoio, che si archivi tutto per non urtare qualcuno. Non dico di colpevolizzare i tre indagati, ho capito che si sono dati da fare, hanno visto il giardino incolto e hanno lasciato perdere. Forse non potevano fare di più, ma non si può dimenticare tutto. Con l’avvocato Giada Colotti, dello studio legale di mio figlio Gianluca Paracciani, abbiamo fatto reclamo contro l’archiviazione per questo: le persone non devono essere abbandonate".