Una vita tra i giganti del jazz. Gli ottant’anni di Paolo Piangiarelli

Gli auguri della figlia Cristiana: ha dato molto alla città, portando gente come Phil Woods e Chet Baker. Presto un libro su di lui.

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di Marta Palazzini

"Ottant’anni di musica insieme ai più grandi nomi del jazz, tanti auguri papà Mister Philology". Cristiana Piangiarelli, figlia di Paolo, noto maceratese e produttore jazz, ha deciso di omaggiare il padre che oggi festeggia il suo ottantesimo compleanno e di ripercorrere insieme al Carlino i momenti di successo e gli aneddoti privati di un uomo che fatto viaggiare il nome della nostra città in tutto il mondo. Non solo, perché da Phil Woods a Chet Baker, Piangiarelli ha portato la musica del mondo in città, diventando anche il padre del jazz nel nostro territorio: sono nati grazie a lui il Premio internazionale Massimo Urbani e la rassegna Macerata Jazz. "Un uomo vulcanico e coinvolgente, sempre alla ricerca del jazz puro", con queste parole la figlia Cristiana ha voluto omaggiarlo.

Piangiarelli, per suo padre sono stati ottant’anni pieni di musica e di riconoscimenti. Come li ha vissuti lei?

"Nonostante la musica risuonasse sempre in casa nostra, ho cominciato a scoprire il grande lavoro di mio padre circa un anno fa, quando ho deciso di mettermi alla guida della sua casa discografica Philology Jazz Records: l’unica al mondo a produrre solo musica jazz. Da lì è stato un percorso nella memoria, per cercare di mettere insieme i 700 dischi prodotti. In questo percorso di ricostruzione sono stata aiutata dall’avvocato Simone Rocchetti, da Diego Cacchiarelli per il sito e il catalogo, insieme a Daniele Massimi (Musicamdo jazz) e Roberto Arcuri, che scriverà un libro su di lui, insieme ai grandi artisti con cui ha collaborato mio padre".

Ad esempio, quali?

"Ci sono Enrico Rava, Stefano Bollani, di cui è stato lo scopritore, Fabrizio Bosso, Paolo Fresu, Massimo Manzi e Massimo Moriconi. Tutte persone che mostrano per lui una grande riconoscenza: papà è considerato l’ultimo vero appassionato del jazz. In questo lavoro di catalogazione che stiamo facendo mi ha aiutato anche mio figlio Riccardo e mia madre Giovanna, perché lei ricorda tutti gli aneddoti: è la roccia che lo ha sostenuto per tutta la vita".

Grazie a lui anche i grandi nomi del jazz americano sono stati protagonisti a Macerata.

"Sì, primo fra tutti Phil Woods, poi Chet Baker, Mike Melillo, con concerti allo Sferisterio, al Moonlight club o in piazza Vittorio Veneto. Tutti musicisti che ospitavamo sempre a casa nostra e di cui ho ricordi nitidi. Ricordo quando chiamava mia madre prima di cena, dicendole: “Torno a casa, siamo in sette’’. Tutti quelli che hanno lavorato con mio padre hanno anche vissuto momenti della sua vita privata".

Una casa piena di artisti in cui risuonava sempre del jazz.

"Mio padre trascorreva il tempo sempre nel suo garage che aveva allestito come studio. Ricordo le pareti piene di vinili e con strumenti all’avanguardia. Mi invitava sempre ad ascoltare della musica. Ricordo che un anno ci regalò un campanellino, così che noi potessimo chiamarlo quando era il momento di venire a tavola, perché con la musica alta era difficile che sentisse la nostra voce. Una persona travolgente e fuori dalle righe, verso cui nutro profonda riconoscenza. E penso che anche la città debba provare stima nei confronti di chi come lui ha fatto viaggiare il suo nome in giro per il mondo".