"Via dall’Italia, ora dirigo una multinazionale"

L’ingegnere civitanovese Miliozzi ha costruito la sua fortuna in America e vive in California. "Ma d’estate vengo a fare il bagno da Hosvi"

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di Giuliano Forani

Agli esami di maturità scientifica, nel 1986, consegue l’unico 60 su 25 alunni e nel voto di laurea in ingegneria elettronica, 110 e lode. L’invidiabile curriculum attira l’attenzione di molte aziende, fioccano gli inviti ai colloqui e le prospettive di assunzione. Un’azienda lo stimola più di altre, va e ne sente le condizioni: inquadramento tra i metalmeccanici e contratto a un milione e 800mila lire al mese. Non poco nel 1992, considerato che sarebbe stata la sua prima occupazione. La risposta, però, è categorica. "No, grazie, io sono ingegnere elettronico e non metalmeccanico". Finisce qui la ricerca di lavoro in Italia dell’ingegnere Paolo Miliozzi, civitanovese doc, 53 anni. La sua si rivelerà una scelta azzeccata: oggi è alto dirigente di una multinazionale americana con sede a New Port Beach, in California, e ha responsabilità su gruppi operativi diffusi in Paesi di tutto il mondo. Paolo Miliozzi mette su anche famiglia negli Usa e oggi vive a New Port. A Civitanova, dove vivono i genitori, mamma ex insegnante e padre ex direttore delle farmacie comunali, torna solo in vacanza.

Una bella storia, la sua. Come è cominciata, Miliozzi?

"Dal rifiuto del contratto che mi avevano offerto in Italia. Subito dopo, ho seguito un corso di dottorato di ricerca all’università di Padova dove ho fatto anche il servizio militare. Conclusa la naja, ho partecipato e vinto un concorso all’università di Berkeley, California, e qui ho acquisito prima il dottorato e poi ho professionalmente vissuto illuminanti esperienze con il professor Alberto Sangiovanni Vincenzelli, leader mondiale nel campo dell’elettronica. Il contratto durava un anno ma alla scadenza mi ha chiesto di prorogarlo e ho accettato".

Sono solo gli inizi di una brillante carriera coronata da prestigiosi traguardi. Ha cominciato alla metà degli anni 90 con la Rockwell, una multinazionale con 40mila dipendenti, primaria nella produzione di modem e circuiti integrati per la comunicazione. Vi rimane un anno, poi decide di lasciare per trasferirsi a New Port Beach, in un’altra azienda del settore. Per essere assunto, deve sostenere un’intervista (da noi colloquio di lavoro); la commissione è composta da sette luminari. Miliozzi supera la prova e viene assunto a tempo indeterminato. Poi nel 2009 si dimette e passa alla Max Linear.

Come mai?

"Per sfida. La Max Linear era una piccola azienda con cento dipendenti, ma proiettata a crescere. In pochi anni è diventata una multinazionale, i dipendenti sono saliti a 1.500 e il fatturato ha raggiunto 850 milioni di dollari". Lui ne è un dirigente e grazie ai risultati acquisiti matura il diritto a una quota azionaria.

Tutto è partito da quel rifiuto a un’italica azienda che la voleva tra i metalmeccanici?

"Sì, da lì, ma anche da Berkeley, dove, dopo il dottorato, ho acquisito competenze e certezze. Berkeley, peraltro, è stata la mia fortuna anche per altri aspetti".

Dica...

"Lì ho incontrato Ana Maria, una ragazza di mamma spagnola e padre americano. Ci siamo innamorati, l’ho sposata e abbiamo messo al mondo due gioiellini: Monica, 18 anni, e Christian, 14 anni, che invece è un genietto dei numeri e della matematica".

Ana Maria, peraltro, completa alla perfezione il suo spirito imprenditoriale che non si limita solo alla elettronica e ai circuiti integrati, vero?

"Vero. A New Port e dintorni vivono molti italiani e altri non italiani che amano il nostro Paese. E allora, nel 2005, abbiamo pensato di aprire una scuola di lingua italiana, collegandola con Fondazione Italia di Los Angeles. La scuola oggi ha centinaia di allievi e Ana Paola ne è preside".

A tornare in Italia non ci pensa?

"Sì, d’estate, per stare insieme ai miei genitori e a mia sorella, andare ai bagni ’Da Hosvi’ e rivedere i vecchi amici".