Violenza sulle donne 2019, la testimonianza: "Così sono rinata dopo 20 anni da incubo"

Madre racconta il calvario in un libro: i maltrattamenti erano diventati un’abitudine, sono stati i figli a darmi il coraggio di reagire

Maltrattamenti in famiglia (foto d'archivio Mdf)

Maltrattamenti in famiglia (foto d'archivio Mdf)

Macerata, 24 novembre 2019 -  Nessuno si salva da solo. «Per brillare di nuovo bisogna allargare le braccia a coloro che lavorano per noi, alle forze dell’ordine, ai servizi sociali, alle donne esperte e qualificate dei centri antiviolenza», spiega una donna ri-nata. La sua è una storia di violenza ventennale, iniziata con un matrimonio riparatore e finita quando si è allontanata da casa, dopo l’ennesimo episodio di maltrattamenti. Ma da qui la sua storia è ripartita.

È una madre di 45 anni, residente in provincia, che racconta la propria vicenda di dolore e di rinascita. Non vuole dimenticare; anzi, vuole fare memoria, tanto da avere scritto un libro che uscirà a febbraio, «Il prezzo delle stelle». I figli nel suo caso sono stati determinanti per dire basta e ricominciare. I figli, di solito, sono l’argomento di «ricatto» degli uomini che maltrattano.

Ma qui è stato il figlio a chiamare i carabinieri e dirle: «Mamma, stanotte cambia la tua vita». Per questo, va tutelato e la protagonista della storia preferisce, ovviamente, rimanere anonima. Ci tiene però a ringraziare l’associazione «Il Lume» di Treia e «Casa Giuditta», con tutto il team che aiuta quotidianamente le donne come lei, a partire dalla presidente, Angela Dea Tartarelli. Che ormai fa proprio parte della sua famiglia. Quando ha deciso di dire basta? «La sera del 7 luglio del 2015, grazie alle forze dell’ordine. Già un anno prima avevo sporto denuncia, dopo un episodio di violenza davanti a mia figlia. Quella volta avevo semplicemente messo da parte i soldi, lavorando onestamente, per fare prendere la patente a mio figlio. Ma mio marito non voleva. Con la gamba piena di lividi, mi ero recata in caserma e un maresciallo, di cui mi ricorderò per sempre, mi aveva trasmesso tanta fiducia e coraggio. Ritirai però la denuncia un anno dopo: mio marito prometteva di continuo che sarebbe cambiato, piangeva e io volevo salvare la famiglia. Nel luglio del 2015, dopo altri episodi, una sera decisi di andare a dormire sul divano. Mi strattonò e fu lì che intervenne mio figlio. Dopo dieci giorni nella casa di emergenza di Pesaro, iniziai un percorso di rinascita». Perché ha aspettato tutti questi anni? «Perché ormai la violenza per me era diventata un’abitudine, una cosa normale. Tuttora, quando sbaglio, mi sembra strano di non essere picchiata o insultata. Ho subìto violenza fisica, psicologica, nel momento in cui dovevo chiudere legami con la mia famiglia e gli amici. Violenza economica perché, pur guadagnando più di lui, non potevo tenere io i soldi. Addirittura, non poteva acquistare dei medicinali senza il ticket». Riuscirà a perdonare il suo ex marito? «Non nutro rancore verso di lui. Quando si odia non si perdona, e non si va avanti. Io pensavo di morire, ma adesso sono una donna libera. Io, innanzitutto, ho amato le persone che mi hanno aiutato. Ero e sono forte, ma ho avuto una grande grazia a incontrare loro». Si può ripartire, quindi? «Sì, e anche in poco tempo. Ho trovato un’occupazione, e ringrazio la mia datrice di lavoro, perché non era scontato; mi sono innamorata di nuovo. Assistente sociale, avvocato, psicologa, maresciallo, responsabile della casa di accoglienza e altri angeli incontrati, a partire dai miei figli, mi hanno salvato la vita. E infine, se è vero che ciò che non ti uccide ti fortifica, ringrazio il mio ex marito, per avermi resa così forte da lasciarlo».