Trovati i pezzi del furgone di Sarchiè, si stringe il cerchio sugli assassini

I carabinieri sequestrano il capannone gestito da due imprenditori siciliani a Castelraimondo di Giancarlo Falcioni FOTO Il sequestro del capannone - Il ritrovamento del corpo

Castelraimondo (Macerata), il capannone sequestrato (Foto Calavita)

Castelraimondo (Macerata), il capannone sequestrato (Foto Calavita)

Castelraimondo (Macerata), 9 luglio 2014 - Parti del furgone di Pietro Sarchiè all’interno di un capannone (foto) finito sotto sequestro. Sono a un tornante decisivo le indagini sulla morte del pescivendolo sambenedettese di 62 anni, scomparso il 18 giugno e ritrovato cadavere sabato scorso (foto), dopo essere stato giustiziato con un colpo alla nuca, bruciato e seppellito nelle campagne dell’Alto Maceratese. 

Gli inquirenti mantengono uno strettissimo riserbo, ma la pista del capannone sembra essere quella definitiva. All’interno della struttura, infatti, sono state trovate alcune parti del Ford Transit bianco sparito assieme al suo proprietario e con il quale Sarchiè faceva la spola tra San Benedetto e l’entroterra maceratese per vendere il pesce. 

I carabinieri sono arrivati al capannone nel pomeriggio di lunedì, forse anche grazie ad alcune testimonianze. La struttura si trova in via Angelo Piancatelli a Castelraimondo, nella zona industriale Lanciano, a una decina di chilometri dal luogo del ritrovamento del cadavere e non lontano da Sellano, frazione di Camerino, dove la mattina del 18 giugno il pescivendolo aveva fatto l’ultima consegna prima di sparire nel nulla. Secondo i carabinieri, proprio tra Sellano e Seppio (frazione di Pioraco) Sarchiè sarebbe stato ucciso. 

Nel capannone, a due passi dalla strada provinciale 361, hanno sede due società di costruzioni gestite da imprenditori siciliani, la EdilMarche snc di Salvo Seminara & C. e la Prog.Edil srl di Natascia Giustiniani e Benedetto Seminara. Al momento, i titolari delle ditte non sarebbero indagati. Già nel pomeriggio di lunedì sono scattati i sigilli sia alla struttura coperta che alla rimessa di materiale edile sul retro. Gli uomini della scientifica hanno quindi passato palmo a palmo l’interno del capannone e l’area circostante. 

I rilievi sono proseguiti fino all’una di notte, sotto la regia del procuratore capo di Macerata, Giovanni Giorgio, e del sostituto procuratore Claudio Rastrelli. Gli accertamenti sono poi ripartiti nella giornata di ieri, dando risultati che segnano una cambio di passo nella caccia all’assassino (o agli assassini). Il procuratore Giorgio si è limitato a dire che «le indagini hanno preso una direzione che sembra essere quella giusta, con del materiale probatoriamente interessante». A quanto emerge, gli indizi a cui fa riferimento il procuratore, sono parti del furgone che era sparito assieme a Sarchié e al suo telefonino. Ancora non è dato sapere quale sia il presunto movente. Gli inquirenti hanno escluso che il pescivendolo 62enne avesse una doppia vita, ma l’omicidio sarebbe maturato all’interno dell’ambiente di lavoro.

Le piste più accreditate portano a un possibile tentativo di estorsione al quale Sarchiè non si sarebbe piegato. I familiari assicurano però che Sarchiè non aveva ricevuto minacce e ipotizzano una rapina finita male o uno scambio di persone. La brutalità dell’omicidio lascia però pensare a metodi da malavita organizzata, difficilmente conciliabili con l’ipotesi di una rapina degenerata. Ulteriori elementi arriveranno oggi ad Ancona dall’autopsia, condotta dal professor Raffaele Giorgetti. La famiglia Sarchiè nominerà come consulente il medico legale Adriano Tagliabracci. 

Giancarlo Falcioni

FOTO Il ritrovamento del corpo