Macerata, il sindaco: "Non mi dimetto, fin troppo rispettoso con la Mussolini"

Carancini dopo il caso del fantoccio del duce: "Mi incolpano per qualsiasi cosa. La destra punta ad alzare la tensione"

Il sindaco di Macerata Romano Carancini e Alessandra Mussolini (Calavita)

Il sindaco di Macerata Romano Carancini e Alessandra Mussolini (Calavita)

Macerata, 29 aprile 2018 - «Dimissioni? Ho sempre cercato di tenere un basso profilo, ma siamo di fronte a una strategia delle destre per tenere alta la tensione in vista del 2020. È una strategia chiara, ma non credo pagherà alla fine». Il sindaco Romano Carancini con la sua giunta si è trovato di nuovo in mezzo a una bufera, dopo la manifestazione di piazza Battisti il 25 aprile e la visita dell’esponente di Forza Italia, Alessandra Mussolini. Ma da mesi Macerata sembra il crogiolo di ogni nefandezza.  Sindaco, cosa è successo?  «La storia di Pamela, orrenda per la sua crudeltà e l’orrore, ha innescato un meccanismo di rifiuto, ed è come se avesse dato il via a una serie di reazioni inaspettate. Questo ha innescato la vicenda Traini da un lato, e dall’altro ha liberato il peggio che ognuno di noi è capace di esprimere. Oggi ci possiamo permettere di dire tutto quello che fino a poco fa faceva sgranare gli occhi».  Il sindaco non poteva fare qualcosa per gestire queste emozioni?  «Ho sempre creduto che provare a tenere i toni bassi fosse la chiave per riprendere possesso di noi stessi. In un contesto in cui tutti erano contro tutti, se avessi provato a promuovere iniziative ad hoc, avrei buttato altra benzina. A tante provocazioni ho preferito il silenzio. Non voglio alimentare la rissa».  Poi ci sono stati i fatti del 25 aprile «Quella vicenda conferma che si è ridotta la soglia dell’inibizione collettiva: mai nessuno avrebbe potuto immaginare fino a qualche tempo fa una messinscena del genere».  Come se lo spiega?  «La vicenda di Pamela ha destabilizzato. E una parte politica ha utilizzato quel fatto. Questo ha legittimato una serie di conseguenze. Il nostro profilo si è modificato come dopo una tempesta. Avremmo avuto bisogno di periodo di decantazione, per ritrovarci nel nostro equilibrio. Ma tutto questo non può avvenire se c’è un’altra scossa come il 25 aprile, che produce effetti non solo sulla comunità ma anche all’esterno: il lavoro di anni sulla città rischia di essere annegato nelle polemiche. Si usano Pamela, Traini e il 25 aprile per produrre effetti devastanti».  Perché è degenerato l’incontro con Mussolini?  «Due ore prima aveva chiesto di vedermi, ho pensato fosse l’occasione per condannare insieme i fatti del 25 aprile, mandando un messaggio trasversale: sarebbe stato rivoluzionario. L’ho invitata a entrare nella mia stanza, ma lei voleva il teatro. L’ho ascoltata e le ho spiegato che io non dovevo chiedere scusa a nessuno. Ma quando lei ha preso e se n’è andata, ho reagito, non sono un automa. Mi fa sorridere che mi si chieda più calma: sono il sindaco della città, non puoi venire da me e mettere il dito davanti alla città. Sono stato equilibrato, e anche troppo rispettoso per il modo con cui si è posta di fronte a me».  Cosa risponde a chi chiede le dimissioni sue e dell’assessore Monteverde?  «È una strategia politica, che usa anche gli europarlamentari delle destre e che durerà fino al 2020. È una strategia di tenere alta la tensione su alcuni argomenti che hanno colpito la suscettibilità delle persone. Se l’opposizione farà una mozione, risponderemo. Sul vicesindaco sono chiare le prove documentali».  Dunque questa clamorosa ribalta è frutto di una volontà?  «L’innalzamento della recrudescenza politica è voluto. Secondo me è controproducente per loro. Oggi, se il verde lungo i giardini ha perso una piantina è colpa di Carancini, ormai è un luogo comune. C’è una chiara strategia di tenere alta questa tensione anche sul niente, cercando di toccare le corde dell’emozione immediata. Io però credo che la città non lo apprezzerà alla lunga. Ecco perché l’atteggiamento realistico e responsabile del centrosinistra deve continuare». 

 

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