Macerata, 29 settembre 2012 - ERA STATA l’unica superstite del fatto di sangue più grave accaduto in provincia, ma l’altra notte è finita in carcere con l’accusa di spacciare eroina. Rosa Carducci aveva solo undici anni quando Marco Schiavi e Salvatore Giovinazzo fecero irruzione in casa sua, a Sambucheto, e uccisero a colpi di mitra suo padre Nazzareno Carducci, suo nonno Giovanni Ascione, e sua madre Giovanna, incinta all’ottavo mese. Lei, che era in un’altra stanza, rimase illesa, ma non è difficile immaginare quanto quella storia l’abbia segnata. Ad arrestarla, è stato uno degli agenti che si prese cura di lei dopo la strage.
 

L’operazione è stata condotta nella notte tra mercoledì e giovedì dagli investigatori della sezione Antidroga della Squadra mobile. La polizia ha iniziato un’indagine mirata dopo un’overdose in città: un giovane maceratese nelle scorse settimane ha rischiato di morire dopo un’iniezione di eroina.
 

CON OLTRE un mese di indagini, gli agenti hanno ricostruito i canali di rifornimento di alcuni tossici maceratesi, sentendo molti giovani, controllando il traffico telefonico di alcuni cellulari e pedinando alcuni sospetti, e sono arrivati così a Tolentino. In centro storico è stata identificata una coppia, che probabilmente aveva spacciato l’eroina che aveva causato l’overdose: si trattava appunto di Rosa Carducci, 27 anni, e di Hichem Mejri, tunisino di 41 anni. A questo punto sono scattati gli appostamenti sotto casa dei due. Pedinandoli, gli investigatori hanno documentato, anche con le foto, l’intensa attività di spacciatori svolta dai due. Gli agenti hanno anche avvicinato e identificato i numerosi tossicodipendenti che si rifornivano da loro. L’altra notte, gli agenti hanno deciso di entrare in azione. Pedinando la ragazza tra i vicoli del centro, l’hanno vista cedere una dose di eroina a un tossico, arrivato a Tolentino in macchina. Rosa Carducci è stata dunque subito bloccata. Poi la polizia si è rivolta verso il tunisino, che all’inizio ha cercato di approfittare del parapiglia: è scappato via, e ha nascosto la droga in un luogo sicuro. Poi, pensando la situazione si fosse tranquillizzata, è rientrato a casa. Ma gli agenti avevano seguito ogni suo passo, e così hanno arrestato lui e sequestrato la droga: si tratta di oltre trenta grammi di eroina bianca, molto potente e, per questo, ancor più pericolosa. Sono stati sequestrati anche bilancini di precisione, denaro e tutto il necessario per confezionare le dosi. Rosa Carducci ha subito riconosciuto l’agente della Mobile che, sedici anni fa, era arrivato a casa sua subito dopo il triplice omicidio.
 

IERI mattina, la ragazza e il tunisino sono comparsi davanti al giudice per le indagini preliminari Zampetti, difesi dall’avvocato Antonella Passalacqua. I due hanno risposto alle domande del gip. Poi per Mejri è stata disposta la misura cautelare in carcere, mentre a Carducci sono stati concessi gli arresti domiciliari. Nel 1996, la strage di Sambucheto venne eseguita, su ordine del mastino Gianfranco Schiavi, per «risolvere» un problema di concorrenza nello spaccio di stupefacenti. I genitori di Rosa infatti, grazie alle conoscenze campane del ramo materno, si erano messi a trafficare, disturbando l’attività di Schiavi. A distanza di tanti anni, la droga continua a distruggere la vita dell’unica sopravvissuta all’omicidio.

Paola Pagnanelli