BENEDETTA IACOMUCCI
Cronaca

Allarme medici di base, pochi e sempre più anziani: “Ne mancano quasi 100”

Emorragia nelle Marche, la Regione ha alzato a 1.800 il massimale di mutuati. Bartolucci (Fimmg): “Come un assalto a Fort Apache. E i giovani scappano”

Allarme per la carenza dei medici di base (foto di repertorio)

Allarme per la carenza dei medici di base (foto di repertorio)

Pesaro, 15 novembre 2024 – A Terre Roveresche, un piccolo Comune di cinquemila abitanti in provincia di Pesaro Urbino, c’era un medico ultrasessantenne che scriveva ancora le ricette a penna. Per insegnargli a usare il computer hanno dovuto affiancargli un team di giovani ’informatici’. Il sindaco di quel Comune, Antonio Sebastianelli, un giorno si è messo a telefonare a tutti medici del distretto, per strappare un sì alla richiesta di andare a lavorare nell’ambulatorio locale: ne ha rimediato uno, ed è sembrato un miracolo.

Perché in questo, come in tanti entroterra d’Italia, dove la popolazione invecchia e i servizi diradano, non mancano solo banche e uffici postali. Mancano i medici di famiglia. E pur di rimediarne uno, si è disposti ad accettare tutto. Anche una ricetta scritta a penna.

Un ’buco’ certificato dai numeri, peraltro destinato ad allargarsi: sono 946 i medici di famiglia ad oggi attivi nelle Marche, che si spartiscono una media di 1.373 assistiti a testa. Tra questo migliaio di camici bianchi, la stragrande maggioranza ha più di 27 anni di servizio. Insomma, il 73 per cento si incammina serenamente verso la pensione e la prospettiva che quei decani della professione possano essere rimpiazzati dai giovani colleghi neo-specializzati è assai remota.

E questo malgrado gli sforzi pur fatti dalla Regione Marche, che ha aumentato in maniera esponenziale le borse di studio, senza però riscontrare dall’altra parte lo stesso entusiasmo. Lo scorso dicembre, agli esami di ammissione del corso di formazione specifico in medicina generale, tenutosi ad Ancona, a fronte di 165 domande per 155 posti si presentarono 81 candidati. Quest’anno, a ottobre, è andata persino peggio: su 155 posti e 100 domande, si sono presentati in cinquanta. E non è detto che quei cinquanta, una volta ammessi, vadano fino in fondo.

Insomma, la coperta è sempre troppo corta, ma una soluzione la Regione l’ha comunque trovata: alzando i massimali, ovvero il numero di mutuati che un singolo medico può avere. Per assorbire tutti i 50mila marchigiani che – calcolatrice alla mano – rischiavano di rimanere ’orfani’ del dottore, il massimale è stato alzato in deroga oltre la soglia dei 1.500, fino ad arrivare a un massimo di 1.800 pazienti ciascuno (ma il rapporto ottimale sarebbe milleduecento a testa). Secondo le stime della Fondazione Gimbe, calcolando un rapporto di un medico di medicina generale ogni 1.250 assistiti, nelle Marche ne mancherebbero 96.

In regione i medici massimalisti (cioè che hanno raggiunto il numero massimo consentito di assistiti) sono in effetti la maggioranza: ben 525 su 946, che si spartiscono una platea di 839.353 pazienti. I massimalisti sono più della metà del totale (altri 295 ne hanno comunque più di mille), molti dei quali si trovano proprio nell’entroterra, dove le condizioni più critiche consentono di allentare le maglie delle norme. Non così sulla costa, dove i medici sono teoricamente disposti ad accontentarsi di un numero di pazienti inferiore, potendo però contare su condizioni di lavoro migliori: innanzitutto distanze più contenute, possibilità di associarsi in ambulatori con più medici, con un’unica segretaria le cui spese si suddividono tra i vari professionisti, e magari con studi ’semi-regalati’ dalle farmacie.

Medici che mancano, dunque, ma anche medici che se la danno a gambe. “È un assalto a Fort Apache – dice Dario Bartolucci, segretario Fimmg –: avevo una tirocinante molto brava, che appena ha cominciato si è trovata con 1.500 pazienti. Si è spaventata, dopo sei mesi ha lasciato tutto. Ci si trova spiazzati”. “Oggigiorno, per un giovane medico che si affaccia alla professione – dice il dottor Gregorio Bucci, 33 anni, medico di famiglia dal 2022 – arrivare a 1.400 pazienti è davvero un attimo. Bastano un paio d’anni”. Lo sa bene lui, che a Pesaro ne ha già 1.400. Tra l’altro, sempre per tamponare le carenze, è possibile cominciare a svolgere l’attività in ambulatorio già dal primo anno di specializzazione. Praticamente il giorno dopo la laurea. “Un medico può anche chiedere di avere meno pazienti – dice Bartolucci –, ma oggi è una vera e propria concessione, molto difficile da ottenere”. Si va allora verso il medico di famiglia a pagamento? “Di sicuro farebbe comodo alle assicurazioni – dice Bartolucci –, ma per quanto mi riguarda credo ancora nel sistema pubblico, garantito e ben organizzato”. Gli fa eco Bucci: “Il medico di famiglia è un punto di riferimento per la sanità pubblica e si basa su un rapporto di fiducia con il paziente. Come puoi ridurre una scelta fiduciaria al livello di una prestazione comprata? Non avrebbe senso. Ma certo, forse a qualcuno fa comodo”.