OTTAVIA FIRMANI
Cronaca

"Costruiti per volere del popolo". Papetti: ecco cosa li rende unici

Lo storico dell’arte: da Piermarini al Bibbiena, furono le comunità a chiamare qui i più grandi architetti

Teatri voluti dal popolo, pensati e costruiti da grandi maestri. Sono le caratteristiche che accomunano i quattordici teatri marchigiani inseriti – per valore stilistico e architettonico – nella lista della candidatura a patrimonio mondiale dell’Unesco. "La prima caratteristica è la distribuzione uniforme sul territorio – spiega il prof Stefano Papetti, storico dell’arte e curatore scientifico delle collezioni comunali di Ascoli –. Sia nelle grandi città che nei centri più piccoli delle Marche sono stati costruiti teatri tra Settecento e Ottocento. Alcuni sono molto grandi, come il teatro dell’Aquila di Fermo o il Ventidio Basso di Ascoli, e possono accogliere quasi mille persone. Altri sono molto piccoli, ma perfettamente conservati, come quello di Penna San Giovanni, che può ospitare circa sessanta o settanta spettatori".

Questa distribuzione capillare potrebbe essere un elemento significativo per l’Unesco? "Sì, perché a differenza di altre città italiane, questi teatri non sono stati realizzati da una famiglia reale o da un principe, ma per volontà dei cittadini. Si tratta di teatri ‘condominali’, costruiti dalle stesse comunità, che si sono mobilitate per dotarsi di questi luoghi. Il fenomeno è molto significativo per una regione come le Marche, perché dimostra già nel Settecento una forte esigenza di avere spazi dedicati alla cultura, alla musica e alle rappresentazioni sceniche. Sono teatri nati dal basso, dalla volontà popolare. E sono una testimonianza di crescita culturale che ha un grande valore".

E a livello stilistico quali sono le peculiarità di questi teatri? "Molti sono stati progettati dai migliori architetti specializzati in teatri, un’architettura che richiede competenze particolari, specie per acustica e disposizione degli spazi. Per esempio, il teatro di Matelica è stato progettato da Giuseppe Piermarini, lo stesso architetto che ha poi realizzato il Teatro alla Scala di Milano. Il teatro di Macerata e quello in legno di Ascoli sono stati disegnati dal Bibbiena, architetto della corte imperiale di Vienna. Altri grandi nomi, come Luigi Poletti e Ireneo Aleandri, hanno lavorato in regione per la realizzazione dei teatri, così come degli importanti scenografi, che hanno curato gli allestimenti".

Candidare i teatri storici a patrimonio dell’Unesco potrebbe rilanciare il turismo? "Sicuramente il riconoscimento porterebbe benefici, soprattutto per la manutenzione e la valorizzazione delle strutture. Infatti, specie per alcuni teatri più piccoli, è difficile sostenere i costi delle strutture e delle rappresentazioni, perché il prezzo dei biglietti degli eventi non copre le spese. Tuttavia, possono diventare importanti attrazioni turistiche. Ad esempio, ad Ascoli i teatri sono inseriti nei percorsi museali attraverso le visite guidate, che permettono di scoprire dettagli nascosti e strutture che il pubblico normalmente non nota. Inoltre, si potrebbero organizzare festival, magari dedicati a musicisti legati al territorio, come Rossini o Spontini, o a compositori contemporanei".

Ottavia Firmani