BEATRICE GRASSELLI
Cronaca

L’allarme dell’Arpam: "Fiumi e laghi più sporchi. È colpa del clima pazzo"

Il report: qualità ambientale peggiorata sulla costa e nelle aree urbanizzate "Lunghi periodi di siccità impediscono la diluizione di sostanze inquinanti". Il Musone osservato speciale. "Pesticidi e metalli pesanti rilevati ovunque".

Chiare, azzurre, dolci acque. Purtroppo non è dappertutto così. Secondo la relazione sullo stato di salute dei corpi idrici fluviali e lacustri pubblicata da Arpam (relativa al triennio 2021/2023), la qualità ambientale delle acque di fiumi e laghi nelle Marche è peggiorata. Con una regione divisa in due: acque di buona qualità nelle zone appenniniche e valori più critici vicino alla costa e alle aree urbanizzate. Numerosi i parametri utilizzati per le classificazioni: lo stato ecologico con cinque categorie (elevato, buono, sufficiente, scarso, cattivo) e quello chimico, per rilevare la presenza di inquinanti come metalli pesanti, pesticidi e Pfas. I dati raccolti, insieme a quelli del triennio successivo, saranno la base per aggiornare i piani di gestione distrettuali e per definire le politiche future per la tutela delle acque dolci. Sergio Ceradini, direttore tecnico-scientifico di Arpam, e Marco Fanelli, dirigente del coordinamento controlli e monitoraggi, il peggioramento della qualità ambientale delle acque dolci è preoccupante. Di quali dati stiamo parlando?

"Il 30% dei corpi idrici monitorati è in uno stato ecologico buono, ma è un dato che rappresenta il 9% in meno rispetto al triennio precedente. Il 44% è in stato sufficiente (+8%), il 24% in stato scarso (+1%) e il 2% in stato cattivo (dato stabile). Per quanto riguarda lo stato chimico, il 62% si è assestato su un livello buono, mentre il 38% ha mostrato superamenti degli standard di qualità ambientale per almeno un parametro. Rispetto al triennio scorso, per lo stato chimico si evidenzia un netto peggioramento, con una percentuale di ‘non buono’ aumentata del 25%. E riscontriamo dati analoghi anche per i laghi e gli invasi. In questo triennio ad esempio, nel lago Fiastrone, nell’invaso di Gerosa e in quello di Talavacchio, il superamento dei limiti di presenza di sostanze chimiche ha portato alla riclassificazione dello stato chimico come ‘non buono’".

Dove si trovano le maggiori criticità?

"Per tutti i fiumi lo stato è migliore a monte e peggiora a valle, con qualche eccezione. Il Musone presenta problemi su tutta l’asta fluviale a causa della presenza di metalli pesanti e pesticidi, ma anche il bacino del Tronto è particolarmente vulnerabile. Più a nord, troviamo in condizioni non buone il Tavollo: i due terzi di questo corso d’acqua sono in condizioni scarse per la presenza di cibutrina, un pesticida rilevato con valori superiori allo standard. Le condizioni del Metauro e del Nera non scendono mai sotto la sufficienza, con dati classificati come buoni a monte. Quanto al Foglia, a valle lo stato peggiora verso le zone urbanizzate con la presenza di Pfas. Per quanto riguarda i laghi, invece, anche il Fiastra non è esente da inquinanti. Le analisi chimiche hanno rilevato la presenza di cipermetrina, un pesticida".

Quali sono, secondo voi, le cause di questo generale peggioramento?

"Uno degli aspetti più significativi è legato ai cambiamenti climatici, che incidono molto sulla costanza della portata dei fiumi, con alternanze tra periodi di forte siccità e piene. Quando piove poco, come ad esempio è accaduto da luglio del 2024 in poi, la diluizione degli inquinanti cala e pertanto i dati peggiorano. La difficoltà di mantenere un deflusso minimo vitale causa danni anche all’ecosistema, impoverendo i fiumi sul piano della biodiversità. Va sottolineato che negli ultimi anni sono anche migliorate le metodiche di controllo e quindi alcuni inquinanti che oggi rileviamo, soprattutto a livello chimico, qualche anno fa erano più difficili da evidenziare".

A questo punto, come si può invertire la rotta?

"I monitoraggi sono importantissimi per avere il quadro della situazione. Stiamo sviluppando una rete con quindici, nuovi misuratori per il controllo delle acque di falda e al contempo stiamo lavorando per il calcolo dei deflussi minimi vitali per i corsi d’acqua. Affinché si possa contrastare questo impoverimento biologico sempre più importante, bisogna però lavorare a più livelli, con la collaborazione del mondo agricolo, delle imprese e delle amministrazioni locali".