
La prof Alessia Bertolazzi, docente di sociologia dell’Università di Macerata
Nelle Marche la popolazione diminuisce e invecchia. Il numero degli over 60 cresce, mentre quello degli under 30 si riduce, e questo squilibrio demografico inizia a pesare sulla tenuta sociale ed economica del territorio.
Alessia Bertolazzi, docente associata di sociologia all’Università di Macerata, qual è oggi il quadro generale della situazione demografica nelle Marche?
"Il tasso di invecchiamento della popolazione è significativo. Secondo l’Istat, in Italia circa una persona su quattro ha più di 65 anni, e nelle Marche il tasso è anche leggermente superiore alla media nazionale. Inoltre, il bilancio demografico regionale segna una perdita della popolazione. Rispetto al censimento del 2011, è calata del 3,8%. Riassumendo, la popolazione marchigiana non soltanto invecchia, ma si riduce".
Quali sono le cause?
"Tra i fattori che spiegano l’invecchiamento, ci sono il miglioramento dei servizi sanitari, la prevenzione e in generale l’aumento della qualità della vita e delle condizioni socio-economiche. Tutto questo ha portato a un aumento della sopravvivenza e dell’età media. In Italia la speranza di vita, oggi, è di circa 84 anni".
Ma l’invecchiamento non è un fenomeno di per sé negativo.
"No. Il problema nasce quando a questo non corrisponde una crescita delle generazioni più giovani. Il crollo demografico ha un effetto indiretto sull’invecchiamento della popolazione. Inoltre, dobbiamo considerare che all’interno della popolazione anziana persistono diseguaglianze socio-economiche che influiscono sulla salute, creando dei carichi più elevati per i servizi sanitari".
Che ruolo ha il calo della natalità in questo quadro?
"È un effetto indiretto, ma determinante. La natalità è a livelli storicamente molto bassi, i decessi superano le nascite e aumentano anche i giovani che emigrano. È un fenomeno nazionale, che interessa anche le Marche e che contribuisce a creare questa differenza tra under 30 e over 65".
Quali conseguenze comporta questo squilibrio?
"L’impatto è notevole. A livello economico e sociale si riduce la popolazione attiva e cresce quella dipendente, cioè gli anziani. Gli effetti sulla società sono chiaramente un maggiore peso per le politiche di welfare. Quindi, quando si crea questo squilibrio nella popolazione, poi si traduce a livello locale, a livello territoriale, in un aumento delle difficoltà a gestire la domanda per i servizi locali, soprattutto per gli anziani. Lo squilibrio produce un maggiore peso soprattutto per le pensioni, la sanità, per i trasporti e più in generale per le politiche di welfare".
Ci sono conseguenze anche dal punto di vista sociale?
"Sì, potrebbe essere messa a rischio la coesione della comunità. Ad esempio, aumentano la solitudine e l’isolamento tra gli anziani, spesso dovuti anche alla distanza dai figli emigrati per lavoro. Non bisogna infatti dimenticare che si stanno diffondendo due forme di povertà ben distinte: oltre a quella economica, rappresentata ad esempio dalla difficoltà di accesso alle prestazioni sanitarie, c’è anche una povertà sociale, legata alla mancanza di relazioni. La condizione degli anziani può essere migliorata rafforzando le risorse e le reti che sono già attive sul territorio e sviluppando politiche di co-progettazione sociale, con partenariati tra pubblico, privato e terzo settore".
Quali sono le zone delle Marche più colpite da questo fenomeno?
"Soprattutto i Comuni montani e quelli dell’entroterra, dove si vive geograficamente più isolati, anche a causa delle difficoltà di accesso ai servizi sanitari e della presenza di fasce sociali più deboli. Il fattore territoriale è importante. Ci sono anche dei fattori socio-economici, perché è chiaro che l’accesso ai servizi migliora soprattutto quando c’è una popolazione che ha degli status sociali più elevati".