Sanità Marche, dalle coop ai medici a gettone: la Regione spende 86 milioni

Sos personale: prestazioni pagate a peso d’oro, un turno di dodici ore costa 1.400 euro. A Urbino un anestesista di 85 anni. L’assessore Saltamartini: "Scriverò al ministro". I sindacati: "E' inaccettabile"

Ancona, 7 dicembre 2022 - Carenza di personale, medici delle cooperative utilizzati per coprire i turni nei pronto soccorso e nei reparti di pediatria delle Marche: l’operazione costerà all’Asur regionale 86 milioni di euro, è questo l’impegno di spesa per i prossimi anni. L’azienda sanitaria si è vista costretta ad acquisire a peso d’oro prestazioni aggiuntive, spendendo 1.400 euro per un turno di 12 ore (oltre 110 euro all’ora). Insorgono i sindacati, che protestano per "la disparità di trattamento tra i colleghi della sanità pubblica e quelli della sanità privata, peraltro senza che ci siano garanzie sulla qualità dei servizi offerti". Oltre a ciò, c’è la questione dell’età: all’ospedale di Urbino opera da medico privato un anestesista di 85 anni.

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L’assessore Saltamartini
L’assessore Saltamartini

E non è l’unico di una certa età (diversi sopra settant’anni) in servizio nelle March e. Casi che creano rumore e malumore. E adesso la Regione Marche corre ai ripari. "Premesso che la crisi di emergenza-urgenza e 118 riguarda tutta l’Italia e non solo le Marche – sottolinea l’assessore regionale alla sanità, Filippo Saltamartini –, e il ricorso ai privati è stato necessario, va detto che l’impiego di medici delle cooperative pone problemi. Uno su tutti: il medico ospedaliero prende circa 3mila euro al mese, mentre un pensionato di una cooperativa guadagna la stessa somma in due o tre giorni, al ritmo di 120 o 150 euro all’ora. Oltre che a una ingiustizia, assistiamo a una violazione palese dei principi costituzionali. Per questo, chiedo al governo di riconoscere al personale medico del pronto soccorso un’indennità aggiuntiva di mille euro al mese o in alternativa di pagare almeno 100 euro all’ora, lordi, il medico della sanità pubblica per prestazioni aggiun tive. I medici del servizio pubblico li ch iamiamo eroi, ma va data loro anche una dignità lavorativa".

Vediamo i numeri. Se nell’Area Vasta 3 (Macerata) le cooperative non si sono presentate, e nella 4 (Fermo) e 5 (Ascoli) la loro presenza è quasi nulla (6 turni nella prima e solo uno, notturno, nella seconda, a San Benedetto), la situazione è ben diversa se ci spostiamo verso nord. L’Area Vasta 2 (Ancona), che registra zero turni dei privati a Fabriano, vede invece al pronto soccorso di Jesi un medico per cinque notti e al pronto soccorso di Senigallia circa 540 ore al mese tra turni diurni e notturni. E i numeri salgono ancora se si guarda all’Area Vasta 1 (Pesaro), dove sono oltre 230 i turni coperti dai privati: tra 35 e 45 di 12 ore al mese al pronto soccorso di Urbino, 95 turni mensili di 12 ore ai pronto soccorso di Fano e Pesaro e 96 turni mensili di 12 ore in pe diatria di Fano e Pesaro.

Numeri altissimi e determinanti per garantire il servizio, a l punto che a Pesaro il punto nascita chiuso con il Covid ha riaperto i battenti proprio grazie ai privati. Uno scenario inquietante, se guardato attraverso gli occhi dei medici del servizio pubblico. "Ci troviamo a vivere situazioni surreali – spiega Gabriele Brandoni, segretario regionale Cisl Medici Marche –, innanzitutto sul fronte della qualità del servizio: capita che un medico del pronto soccorso che fa i turni e prende lo stipendio base normale si occupi del codice rosso, mentre il collega della cooperativa, che magari non ha esperienza nel settore, è messo dietro ai codici bianchi e verdi ma guadagna quattro volte più di lui. Una cosa che non ha senso, crea molto malumore tra i colleghi. Questo è appunto uno dei motivi principali per cui c’è la fuga dei camici bianchi dal pubblico verso il privato".

Con le cooperative, poi, "non siamo in grado di capire quanto ha lavorato quel medico nei giorni precedenti, magari ha fatto un turno a Bologna e poi prende servizio a Pesaro. Chi mi dice che quello sia preparato non solo dal punto di vista professionale ma anche psicofisico?"

Infine, ma non ultimo per importanza, il discorso della sicurezza. "Bisognerebbe poter andare al lavoro sereni – prosegue Brandoni – e invece il medico del pronto soccorso è da solo, in trincea, spesso con 50 o 60 persone davanti ed esposto a rischi enormi, a situazioni quando va bene di disagio e quando va male di pericolo. Lo leggiamo in continuazione, non passa giorno in cui medici o infermieri non vengano aggrediti". C’è anche la questione della fuga all’estero. "Spendi per formare medici e poi questi se ne vanno all ’estero. Noi serviamo su un piatto d’argento professionisti preparati ad altri Paesi, Germania e Francia in testa.