Sanità Marche, addio all’Asur unica: 5 aziende provinciali. I sindaci danno le pagelle

Via libera alla riorganizzazione del modello regionale di assistenza, dal primo gennaio 2023 più potere ai territori con le nuove strutture "Primi cittadini al centro del sistema, esprimeranno un giudizio sui manager"

La Regione Marche ha dato il via alla riforma della sanità

La Regione Marche ha dato il via alla riforma della sanità

Ancona, 6 luglio 2022 - Via l’Asur unica regionale, via le cinque Aree Vaste, via anche l’azienda ospedaliera Marche Nord. Una sanità "più vicina ai cittadini, alle esigenze dei territori, in grado di ottimizzare risorse e personale", nelle parole del governatore Francesco Acquaroli, passa attraverso la riforma della legge 13, che dopo diciannove anni si porta in soffitta la vecchia organizzazione regionale. Primo passo l’ok in giunta, lunedì; traguardo il primo gennaio 2023, quando nella road map tracciata dalla Regione saranno costituite e diventeranno operative le cinque Ast, le aziende sanitarie territoriali, una per ogni provincia sul modello delle Aree Vaste (Ancona, Ascoli, Fermo, Macerata, Pesaro-Urbino incorporerà Marche Nord), ma dotate di personalità giuridica e con piena autonomia organizzativa e di spesa, salvi il coordinamento generale del dipartimento salute della Regione e l’affidamento al Suam (soggetto aggregatore) delle procedure uniche di acquisto di beni e servizi di particolare entità e rilevanza. Restano l’azienda ospedaliero-universitaria delle Marche (ex Ospedali riuniti di Torrette) e l’Inrca (istituto di ricovero e cura per gli anziani) di Ancona. "Efficienza ed economità" sono le parole d’ordine della riforma, scandite dall’assessore Filippo Saltamartini, ma anche "autosufficienza" ("le aziende dovranno organizzarsi per rispondere alle richieste di cura dei territori") e "democratizzazione del sistema", perché "il gradimento dei servizi sarà oggetto di valutazione" da parte degli utenti, "è prevista una revisione del funzionamento degli Urp" e "c’è un’apertura totale alla conferenza dei sindaci", che esprimerà parere obbligatorio, ma non vincolante, rispetto alle principali decisioni e "potrà formulare un giudizio sul direttore generale dell’Ast".

Il direttore al vertice di ogni Ast, dunque, affiancato da direttori amministrativo, sanitario e socio-sanitario, "in un’ottica di integrazione e coordinamento tra servizi ospedalieri, territoriali e domiciliari", poi la classica (e collaudata) organizzazione in distretti, dipartimenti e ospedali. E qui "si apre la doppia partita dei fondi Pnrr e della sanità territoriale", ha detto Saltamartini, che entro il 2026 dovrà portare alla realizzazione di 29 case della comunità, nove ospedali di comunità e 15 centri operativi territoriali (Cot), uno ogni 100mila abitanti, nei quali opereranno medici di base e infermieri di comunità. "Un’inversione di tendenza", per Acquaroli, prima tappa di un processo che culminerà il 31 dicembre con la soppressione dell’Asur unica e la nomina dei direttori delle Ast, passando (in autunno) per la revisione del piano socio-sanitario, che sarà "redatto sulla base di uno studio del fabbisogno di servizi e personale". Insomma, "un approccio pragmatico", lo ha definito Acquaroli, sul quale pende però l’incognita dell’emorragia di medici causata dal flusso dei pensionamenti. "Stiamo investendo e vedrete che i risultati arriveranno".