{{IMG_SX}}Modena, 18 settembre 2007 - DAGH ED zembo. Un termine che era un po’ il manifesto calcistico di Alfredo Mazzoni. Una a frase che raccoglieva in sè la capacità e allo stesso tempo la sfida all’avversario di toccare il pallone di taglio con rara maestria, di zembo appunto. E che non era certo in contrapposizione con la non meno celeberrima ghega, il termine dialettale che identifica un tiro di rara potenza. Perchè il sor Alfredo era tutto questo, zembo, ghega (non per niente questo era anche il suo più celebre soprannome) e dialetto modenese che applicato al football diventava filosofia calcistica in un lessico del tutto particolare.

 

MA CHI era Alfredo Mazzoni? Innanzitutto un campione. Vero. Senza tema di smentite, uno dei migliori, se non in assoluto il migliore, tra i giocatori che il Modena abbia mai avuto. E anche colui che, abbandonate le scarpette per dedicarsi alla carriera di allenatore, guidò i canarini al memorabile terzo posto in serie A nella stagione 1946/47, con i gialloblu superati in classifica solo dal Grande Torino e dalla Juve.


ED OGGI, a oltre vent’anni dalla sua scomparsa, tre modenesi rendono il giusto omaggio a questo mito del calcio geminiano con un libro bello, completo e godibilissimo, dal titolo ’Alfredo "Ghega" Mazzoni, fotocronaca di una vita nel calcio’. Alessandro Simonini, Danilo Dugoni e Mirko Ballotta, grazie anche a documenti e fotografie messi a disposizione dai figli Carlo e Gigi, hanno raccontato la storia di un uomo e di un calciatore che per tanti anni ha entusiasmato le folle.



UNA VITA per il calcio quella di Alfredo Mazzoni, che cominciò col Modena già tredicenne nel 1920, e che a soli sedici anni fu il più giovane marcatore canarino di ogni tempo quando a Pisa siglò la prima di 139 reti con la casacca gialloblu. Mazzoni giocò anche nel Genoa, nell’Inter, nella Roma (celebre un suo gol su punizione in un derby con la Lazio). Da allenatore sedette non solo sulla panchina del Modena, ma anche a Vicenza, Como, Ravenna. Gli anni più belli quando divenne responsabile del settore giovanile della Fiorentina, dove venne chiamato dall’amico Fulvio Bernardini. Sette anni, dal 1954 al 1961, nei quali sforna grandi talenti, uno su tutti Giuliano Sarti, che divenne poi il portiere dell’Inter mondiale di Herrera. Il lavoro fiorentino glia varrà il Seminatore d’Oro, poi il ritorno a Modena, dove scoprirà altri talenti come Giorgio Rognoni. Nel 1974 lasciò i gialloblu e sino al 1978 seguì il vivaio della S.Faustino Invicta, lasciato per motivi di età.. Nel 1986 la sua scomparsa allìetà di 78 anni, tra la commozione di tanti modenesi appassionati di calcio.