Cristiana Franco al San Carlo di Modena: “Ecco come era considerato il cane nell'antica Grecia”

Appuntamento con la conferenza alle 17,30. La professoressa: “nel mondo antico ci si fidava meno del cane, non c’era quell’immagine buonista, ‘disneyficata’, edulcorata che abbiamo adesso”

Cristiana Franco

Cristiana Franco

Modena, 24 marzo 2023 – Oggi pomeriggio, alle 17.30, secondo appuntamento del ciclo ‘Gli animali nelle tradizioni religiose. Rappresentazioni, simboli e culti tra sacro e profano’ alla Fondazione Collegio San Carlo di Modena, all’interno del ‘Centro Studi Religiosi’. La conferenza dal titolo ‘Cerbero e Ecate. Cani guardiani delle soglie nella cultura greca antica’, tenuta da Cristiana Franco, professoressa di Filologia classica presso l’Università per Stranieri di Siena, illustrerà il ruolo simbolico che il cane rivestiva nella società dell’antica Grecia a partire dalla sua rappresentazione mitologica come fedele servitore del proprio padrone e spietato guardiano delle soglie, come nel caso di Cerbero e Ecate. Professoressa, qual è il tema al centro della sua relazione? «La figura del cane e come veniva interpretata e costruita nel passato e in particolare nell’antica Grecia. Il cane, come altri animali oggetto dei miei studi, è molto presente nella letteratura e nell’arte antica e per capire la presenza del cane il mito occorre primariamente comprendere come gli antichi costruivano l’immagine di questo animale. Questo dipendeva dai rapporti che l’uomo aveva con il cane, in quel tipo di ecologia ed economia. Rapporti che erano molto diversi da quelli di oggi. Ad esempio in passato gli antichi facevano molto affidamento sul cane per la protezione della casa, dei templi, del bestiame (anti lupo). Solo recuperando nozioni antiche è possibile recuperare un sapere che un po’ è andato perduto». Il titolo della sua conferenza fa riferimento a Cerbero… «Cerbero è una creatura della mitologia greca, uno dei mostri (un cane mastino gigantesco e sanguinario dotato di tre teste) a guardia dell'ingresso degli Inferi su cui regnava Ade, dio dell’Oltretomba. Dal punto di vista degli essere umani è un cane mostruoso, come il suo padrone. In realtà Cerbero è un animale bravissimo: questo spiega come sia fondamentale il punto di vista». E’ cambiata la visione che gli esseri umani hanno degli animali? «Noi abbiamo una visione semplificata degli animali e rari rapporti con loro, finalizzati allo sfruttamento (animali da uova, carne, lana) e alla reificazione. Anche nel mondo antico gli animali venivano sfruttati, ma con la consapevolezza che non erano ‘cose’: si assisteva alla loro uccisione, macellazione, al sacrificio, al rituale. Come detto, se si vuole comprendere la ragione per cui certi animali erano raffigurati in un certo modo e come tali sono entrati nel mito, occorre prima comprendere come si interagiva con gli stessi». Il cane come era concepito? «Anche allora il ‘cane’ poteva essere considerato un insulto, ‘faccia di cane’, ‘mente di cane’, ma non era disprezzato e cercherò di spiegare i motivi. Nel mio libro ‘Senza ritegno. Il cane e la donna nell’immaginario della Grecia antica’, racconto come nel mondo greco ci fosse una stretta correlazione tra il cane e la donna: Pandora, la prima donna mortale, aveva una mente di cagna. Per capire le ragioni, occorre mettere insieme le testimonianze per comprendere qual era la loro relazione con il cane che esisteva in tutte le razze, c’erano i segugi, i mastini, quelli da guardia ma anche da compagnia. Rispetto ad oggi ci sono delle costanti invariate, come ad esempio il legame molto stretto che l’uomo aveva con l’animale come dimostrano alcune stele funerarie in cui il defunto viene rappresentato con a fianco il proprio cane. Peraltro, nel mondo antico ci si fidava meno del cane, non c’era quell’immagine buonista, ‘disneyficata’, edulcorata che abbiamo adesso». Questo come mai? «Gli antichi avevano la consapevolezza che il cane poteva essere un’arma letale e, infatti, spesso veniva utilizzato come tale. Le stesse offese che avevano a oggetto la parola ‘cane’ stavano ad indicare una persona che tradisce, bugiarda. Veniva così concepito in quanto se da un lato si faceva affidamento sullo stesso, stringendo una sorta di patto misterioso, dall’altro alto scattavano delle ansie di ammutinamento, tradimento: si pensi alla favola di Esopo, ‘Il lupo e il cane’, dove i lupi cercano di corrompere i cani in virtù della parentela. Questa paura che il cane potesse passare parteggiare per i parenti (i lupi), che si facesse imbonire dalla bistecca lanciata dal ladro o che facesse fuori tutte le pietanze presenti in cucina, era sempre presente, come dimostrano anche le rappresentazioni del tempo. Dunque l’essere umano prova nei confronti del cane anche un’ansia di tradimento, la paura della menzogna in quanto teme che non sia sincero. Altra caratteristica attribuita al cane è quella della spudoratezza, in quanto abbaia, si ribella, in questo gap tra l’attesa, ossia l’immagine ideale, e la realtà».