Modena, 14 gennaio 2011 - «NON ABBANDONATECI, fate in modo che il nostro governo ci aiuti ad uscire da questa situazione: siamo innocenti, non abbiamo ucciso quella ragazzina che nemmeno conoscevamo». Angelo Malavasi, l’imprenditore di 45 anni, parla dal carcere ‘la Condesa’, una struttura a sessanta chilometri dall’Havana che ospita solo detenuti stranieri. Malavasi lancia l’appello anche a nome degli altri due italiani arrestati a Cuba per la morte della ragazzina di 12 anni, decesso avvenuto dopo una festa.

Di che cosa vi accusano?
«Droga, corruzione e omicidio».

Chi la accusa?
«E’ una persona ma non so chi: si è inventato tutto. Io ho fiducia nelle autorità cubane e sono convinto che alla fine la verità verrà fuori. Anzi è proprio questo che mi dà la forza di andare avanti».


Vuol dire che qualche mese fa si sentiva male psicologicamente?
«Diciamo che quando sono stato arrestato, nel luglio scorso, ho avuto un momento difficile. Adesso l’ho superato e sono pronto a lottare per far venire fuori la verità, ma il governo e le autorità italiane non devono abbandonarci: con il loro aiuto sarà più facile arrivare a chiarire come si sono svolti i fatti».


E fisicamente come va?
«Adesso soffro di raffreddore: qui adesso c’è freddo ed è tutto aperto».


Alla ragazzina si è risaliti perché a Bayamo, la località dove è avvenuto il fatto, hanno visto un cane con un pezzo di braccio in bocca. Da lì sono risaliti alla dodicenne scomparsa.
«Le dico che io di questa storia non so nulla. L’ho ripetuto più volte alle autorità cubane».


E’ vero che sono risaliti a lei perché la polizia ha trovato delle foto dove c’erano lei e gli altri due italiani arrestati?
«Io quella ragazzina non l’ho mai vista e non sono mai andato a letto con altre: l’ho detto a chi mi interrogava».


Perché si trovava a Cuba? Era andato lì per cambiare vita?
«Mi reputo un benestante, mi piace viaggiare: Panama, Costa Rica, eccetera. Ero arrivato a Cuba per trascorrere quattro mesi in vacanza. Ero in casa di persone, normale, tranquillo. Una mattina sono arrivati alle 5,30 a prendermi e mi hanno detto che avevo partecipato a un omicidio e che ero stato con delle ragazzine. Ma il caso, per quanto mi riguarda, era una conseguenza dell’indagine sugli altri due italiani, i quali si trovavano in Italia quando sono avvenuti i fatti di cui ci accusano. Pure loro sono stati arrestati al mattino presto».


Sono stati usati metodi bruschi nei suoi confronti?
«Posso dire che io accetto le indagini delle autorità cubane. Lo accetto perché così viene fuori che qualcuno si è inventato tutto contro di noi. Quel che non riesco a capire è il perché, ma un giorno verrà fuori anche questo».
Angelo Malavasi viene chiamato dalle guardie del carcere. Ci lascia rinnovando il suo appello: «Non abbandonateci, siamo innocenti».