Modena, 28 gennaio 2011. “L’Unimore ha approntato un bilancio di previsione in pareggio per il 2011 con un taglio del 7%”. Lo ha annunciato questa mattina il rettore Aldo Tomasi all’inaugurazione dell’835esimo anno accademico nell’aula magna della Facoltà di Medicina del Policlinico Universitario di Modena.

“Il pareggio è stato reso possibile da due fattori- ha spiegato il rettore- il blocco del turnover, accompagnato da un numero di pensionamenti superiori alle aspettative e del blocco dei salari. Il tutto- ha aggiunto Tomasi - accompagnato da un blocco ormai quinquennale degli investimenti che sta minando la stessa manutenzione del patrimonio esistente. D’altra parte, il patrimonio universitario non è di proprietà dell’università, se non in minima parte, e quindi non è possibile pensare ad un piano dismissione immobiliare”.

Tomasi boccia i tagli lineari imposti dalla riforma recentemente approvata: “Significa fare sopravvivere il peggiore e inibire l’attività del migliore- ha attaccato- Pur ammettendo le colpe e le pecche del nostro sistema universitario, non è con la selezione inversa che si esce dalla crisi. Pur riconoscendo al Ministero il tentativo di introdurre una distribuzione di fondi basata sul merito, sappiate che l’80% del fondo di finanziamento ordinario è distribuito su base storica e, su base storica, il nostro ateneo è sottofinanziato e continua ancora oggi ad esserlo: stiamo parlando di vari punti percentuali, quindi di vari milioni di euro all’anno. Si badi bene- ha rincarato il Rettore- sottofinanziato secondo i parametri calcolati dal Ministero stesso. Nonostante ciò, anche per il 2010, l’Unimore è per i parametri di merito ministeriale al di sopra della media nazionale e ha ricevuto, come ricompensa, un taglio minore di quanto preventivato”.

Tornando al bilancio, Aldo Tomasi spera di potere a breve invertire la rotta: “Abbiamo potuto mantenere in pareggio il bilancio tagliando il 7% (in termini reali, stiamo parlando di un taglio che rasenta il 10%), non investendo e in special modo non investendo in risorse umane. Questo al momento non ha prodotto danni irreparabili, ma questi danni saranno evidenti presto se si continuerà su questa strada”.

Sul nodo ricercatori, Aldo Tomasi ha ricordato le conseguenze dalla protesta di queste figure professionali: “In conseguenza dello stato di disagio, alcuni nostri ricercatori non hanno dato disponibilità all’insegnamento, posizione corretta secondo i termini di legge, infatti per i ricercatori non è previsto un inquadramento giuridico di ‘docente’- ha spiegato il Rettore- Questa indisponibilità all’insegnamento frontale, vista la situazione, avrà come risultato un impoverimento della nostra offerta formativa. Di conseguenza, avremo meno corsi di studio, ma di conseguenza avremo anche meno possibilità di aprire nuove posizioni per i nostri ricercatori meritevoli di promozione”.

Il Rettore ha poi espresso “forte preoccupazione” per il calo delle immatricolazioni (dal totale di 4082 del 2009 ai 3621 del 2010) “dovuto principalmente al calo della mobilità- ha spiegato- abbiamo sempre avuto un certo numero di studenti provenienti da altre province e regioni che quest’anno e’ calato drammaticamente”.

Ma l’analisi sul dato degli iscritti non finisce qui: “Il calo del numero degli studenti registrato quest’anno è dovuto essenzialmente all’introduzione del numero chiuso in vari corsi, indice appunto di una contrazione della nostra offerta formativa. Occorre definire e comprendere se a questo declino si deve assistere senza intervenire, ovvero quali sono le possibilita’ che il territorio si prenda cura della propria Università”.

Con la presenza in aula magna di diversi rettori e prorettori provenienti dal resto dell’Emilia Romagna e dalla Repubblica di San Marino, Aldo Tomasi ha lanciato la proposta di un coordinamento regionale: “Abbiamo iniziato da tempo una discussione tra i rettori delle quattro università statali presenti in regione- ha detto il Rettore di Modena- Occorre ora passare dai timidi primi approcci che hanno portato ad attivare pochi corsi federati, ad un vero e proprio programma di coordinamento regionale. Dobbiamo sfruttare il ‘benefit’ previsto dalla legge Gelmini che finanzia accordi federativi tra atenei. A questa iniziativa si deve aggiungere un aumento della collaborazione nella ricerca interateneo. Solamente gruppi di ricerca interdisciplinari e numericamente rilevanti possono sperare di accedere a fondi di ricerca nazionali e internazionali”.