Modena, 15 luglio 2011. «Dopo quel che ha fatto, una persona sana di mente sarebbe scappata. Lui, invece, è rimasto e ha avvisato suocera e polizia. Significa che quando ha compiuto quel gesto, Dario non era in sé». È questa la reazione di Grazia Solomita alla perizia del giudice che ha definito il fratello Dario (nella foto) parzialmente insano di mente quando sferrava i cinque fendenti che hanno spento la vita della moglie, Giuseppina Caruso. L’omicidio è avvenuto il 22 marzo a Carpi.

«Solo il pensiero della figlia l’ha trattenuto dal buttarsi dalla finestra», aggiunge Grazia. Nessuna delle persone che lo conoscevano si capacita del brutale delitto. La sorella racconta come un mese prima la coppia fosse ad un battesimo: «Lei gli sedeva sulle gambe. Ridevano, scherzavano, si scambiavano baci. Chi poteva immaginare quel che è accaduto? Sì, mio fratello da piccolo è sempre stato un bambino vivace, ma non credo che questo basti a spiegare quel che ha fatto. «C’erano alti e bassi, come in ogni famiglia. Di sicuro lei gli voleva molto bene».

Poi, nella mente di Dario, si fa strada un pensiero fisso: «Si era convinto che lei lo tradisse con una vecchia fiamma. Durante la notte credeva di sentire gli squilli del telefono della moglie». Da un anno si era sempre più isolato, passando molte ore davanti al computer, su internet. Isolamento che, secondo la sorella, lo avrebbe portato alla depressione e poi all’ossessione dell’infedeltà: «Lei aveva anche presentato il vecchio fidanzato al marito e ai genitori, portandolo a cena come un amico. Giuseppina voleva provare a smuoverlo un po’ dall’apatia nella quale era piombato, a farlo alzare da quella sedia, ma probabilmente la situazione le è sfuggita di mano».

La vittima aveva confidato ai colleghi che, se le fosse accaduto qualcosa, si sarebbe dovuto cercare il marito. Grazia crede che l’errore fatale a Giuseppina sia stato quello di non chiedere aiuto: «Certo non poteva immaginare, ma se mi avesse raccontato anche uno soltanto dei comportamenti strani che Dario aveva nell’ultimo mese, le avrei consigliato di uscire subito di casa».

Con i genitori della vittima i parenti dell’uxoricida non hanno praticamente più rapporti. «Cosa posso dire loro? Hanno perso una figlia, non ho nemmeno il cuore di parlare, capisco la loro rabbia. Le volevamo tutti bene. Anch’io persi un figlio e so cosa significa. Ho pianto più per la morte di Giuseppina che per quella di mia madre». Grazia non riesce più a trattenere l’emozione: «L’ho cresciuto, cullato, gli ho cambiato i pannolini. Quel che ha fatto non potrà mai essere cancellato, ma resta sempre mio fratello». Grazia è recentemente tornata a passare, dopo mesi, davanti al luogo del delitto: «Non posso evitare, ogni volta, di alzare lo sguardo a quella finestra».