Modena, 13 giugno 2012 - Sul territorio italiano, e in particolare nelle zone dell'Emilia colpite dal terremoto, è mai stata utilizzata la tecnica del fracking nelle trivellazioni? A domandarlo direttamente ai ministeri dello Sviluppo economico e dell'Ambiente, attraverso un'interrogazione parlamentare, sono i senatori Pd eletti in Emilia-Romagna, Maria Teresa Bertuzzi, Giuliano Barbolini, Mariangela Bastico, Rita Ghedini, Vidmer Mercatali, Leana Pignedoli, Gian Carlo Sangalli, Albertina Soliani e Walter Vitali.
 

I parlamentari chiedono di fare luce una volta per tutte sulla tecnica di estrazione dei fluidi che prevede l'immissione nel sottosuolo di sostanze chimiche ed acqua ad alta pressione per la frantumazione delle rocce (fratturazione idraulica). Dopo il sisma che ha colpito l'Emilia, infatti, sul web si è diffusa l'ipotesi secondo cui il terremoto sarebbe stato provocato dalle trivellazioni, e più esattamente da presunte attività di fracking.

Come spiegano i parlamentari, "questa tecnica è sotto monitoraggio a livello internazionale a causa di preoccupazioni per i rischi di micro-sismicità indotta, nonchè contaminazione chimica delle acque sotterranee e dell'aria".
Tuttavia, sarebbe da escludere il nesso con il terremoto dell'Emilia. "L'ipotesi più accreditata è che nel peggiore dei casi la perforazione della crosta sedimentaria possa creare movimenti di assestamento solo a livello locale, ma sicuramente senza generare veri e propri terremoti come quello verificatosi in Emilia", sottolineano i democratici. 

La questione, tuttavia, è tutt'altro che limpida. Anzitutto perchè non è chiaro se il fracking sia mai stato praticato in Italia. E in secondo luogo perchè proprio nella zona del terremoto sarebbero stati individuati dei siti di re-iniezione, che secondo alcuni studiosi sono ben più pericolosi dell'attività di fratturazione vera e propria. "In Italia, sebbene la tecnica del fracking non risulti utilizzata, non esistono rapporti o documenti informativi sull'argomento volti a fare chiarezza- spiegano i parlamentari- così, secondo quanto riportato sul sito della società Independent Resources, la tecnica sarebbe stata in realtà utilizzata nel corso di test di produttività nel bacino di Ribolla sul fiume Bruna, in Toscana, da parte della stessa società".


I senatori citano anche la professoressa Maria Rita D'Orsogna, fisico del California Institute of Technology, che avrebbe individuato sette pozzi di re-iniezione in Italia, tre dei quali nelle zone del terremoto, e più precisamente a Mirandola, Spilamberto e Minerbio. 

Infine, i parlamentari chiamano in causa anche il progetto di stoccaggio di gas di Rivara proposto dalla Ers, chiedendo ai ministeri se "non ritengano che si debba procedere alla revisione di tutti i progetti di prospezione petrolifera e di stoccaggio del gas naturale in corso in area sismica, prevedendo in via cautelativa il divieto assoluto dell'impiego di tecniche idonee a produrre effetti sulle faglie sismiche, assicurando sempre la massima informazione alla popolazione residente nelle zone interessate dalle attività".

Fonte Dire